Ieri è morto Helmut Haller, ex calciatore tedesco protagonista nel nostro campionato con le maglie di Bologna e Juventus, a cavallo degli anni ’60 e e ’70 del secolo scorso. Per spiegarne la grandezza sportiva basterebbe affidarsi ai numeri: 179 presenze e 48 gol con il Bologna, 116 partite e 21 reti con la Juventus. Oltre a un palmares da divo omerico: tre scudetti (uno a Bologna e due a Torino), un argento (Inghilterra ’66) e un bronzo (Messico ’70) mondiali, e la partecipazione a pellicole epiche della storia del calcio. Come la storica finale del 1966, aperta proprio da un suo gol e passata alla storia per la rete fantasma dell’inglese Geoff Hurst, caso tuttora aperto. O come il premio oscar Italia-Germania 4-3, votata partita del secolo, cui presenziò da attore non protagonista, restando seduto in panchina. Centrocampista dall’innato senso del gol, Haller vantava 33 presenze e 13 reti con la nazionale della Germania Ovest. Per ricordarlo ilsussidiario.net ha intervistato in esclusiva Pietro Anastasi, suo compagno alla Juventus. Ecco le sue parole:
Non tutti sanno esattamente chi è Helmut Haller, nè lo hanno visto giocare: tecnicamente che calciatore era? Non aveva da invidiare niente a nessuno. Era anzitutto forte fisicamente ma eccelleva anche nel dribbling stretto, il che gli consentiva di essere molto veloce palla al piede. La sua storia parla per lui: ha disputato tre mondiali, segnando nella finale del ’66.
E’ stato definito il ‘campione gentile’: umanamente che tipo era? Un giocherellone. Alla Juventus lo chiamavamo ‘napoletano’, perchè lui tutto poteva sembrare tranne che tedesco. Era molto scherzoso di carattere, aveva la battuta sempre pronta. Me lo ricordo come molto simpatico, di indole allegra.
Faceva “pesare” il suo status di campione? Assolutamente no. Anche con gli allenatori non ha mai fatto alcuna polemica. Ha sempre fatto il suo, in maniera anche divertente in virtù del suo carattere estroso.
Quando Haller è arrivato alla Juventus lei era molto giovane: le è stato d’aiuto, o da modello come si suol dire oggi? Noi siamo arrivati insieme alla Juventus, nel 1968. Lui era già un campione affermato, aveva nove anni più di me. Era già sui trent’anni mentre io ero un ragazzino: c’era una bella differenza. Per me era un mito perchè veniva dal grande Bologna. Qualche consiglio me l’ha dato, però a me sembrava davvero un santone.
Sembra di capire che porterà sempre un buon ricordo di Helmut Haller…
Certo, di lui si può parlare solo bene, si vede anche da quello che ho letto in giro. Mi dispiace che sia morto, e anche che abbia vissuto anni tribolati per problemi cardiaci.
Ha qualche aneddoto particolare su di lui? Come ho detto prima amava fare scherzi. I suoi gavettoni in ritiro erano un appuntamento fisso: li lanciava dal balcone, anche addosso al mister che si arrabbiava e lo riprendeva, ma lui continuava lo stesso. Era ancora un bambino, in senso buono. Oppure mi ricordo le sue barzellette: in generale gli piaceva vivere.
(Carlo Necchi)