Queste righe che seguono non sono del tutto obiettive. Scrivo da juventina, e da torinese, e l’affaire Del Piero non permette un distacco emozionale, un giudizio imparziale. Nessun giudizio lo è, e qui il caso impone di far camminare di pari passo la ragione, e la fede. Da torinese, Juventus significa Fiat, significa Agnelli. Ricchissimi e inaccessibili, ma pure quelli che davano lavoro e pane a mezza città: mio nonno vantava con orgoglio il suo essere un operaio Fiat, sperava che qualcuno dei numerosi figli avesse l’onore di seguire le sue orme, di portare un po’ avanti l’intero paese. Gli Agnelli poi, ricchi finchè si vuole, e padroni, per forza. Ma in quanto a stile, niente da dire. Gran lavoratore, il nonno, e senza tanti ghiribizzi per il capo. Ben diverso l’altro Giovanni, ma sarà stata la erre, l’ostentata sprezzatura delle sue possibilità, delle sue frequentazioni, la nonchalance con cui sapeva elegantemente delegare, scegliere, sfilare sulle passerelle più importanti del mondo come per le viuzze del suo Villar Perosa, insomma, restava un gran signore. E di stile Agnelli si è sempre parlato anche per la chicca che i signori avevano voluto permettersi, una squadretta che vanta il maggior numero di trofei e di tifosi in Italia e nel mondo. Dello stile Agnelli ci siamo dimenticati da tempo. Calciopoli, naturalmente, con tutte le esagerazioni e il comodo di una storia non affatto chiara (e accetto gli insulti, senza chinare il capo, come Buffon, come Pessotto, e tanta altra gente per bene). Ma ricordate Baggio? Panchine, e trascuratezza, gentile spinta in una squadretta minore, e il codino gliel’ha data lui, una lezione di stile, dopo essersi tolto qualche sassolino dagli scarpini. Con Del Piero, uguale, anzi peggio. Si può lasciare che una bandiera sia obbligata a spostarsi sempre un po’ più in là, sul divanetto buono, fino a doverlo sgombrare? Costringerlo all’umiliazione di entrare in campo per 5, 10 minuti, come a dire, tanto che male può fare? Se Conte è suo amico come si dichiara, forse la sua memorabile voce urlata poteva alzarla anche per lui. Un anno di bocconi amari, di stile vero, perché a lui le polemiche non sono mai piaciute, è così. E’ rimasto quel ragazzo che incantava l’Avvocato, che non trovò paragone più azzeccato che col pennello agile di Pinturicchio, lui che conosceva bene l’arte. Quel ragazzo che ha sempre stretto mani col sorriso, calmato gli animi a mezzo campo, parlato bene della squadra e di sua moglie, guarda un po’, caso più unico che raro. Non ha mai sputato agli arbitri, mai tirato calci negli stinchi a tradimento, lui. E dobbiamo farci insegnare dai romanisti che i campioni non si espellono a inizio anno a mezzo stampa, ma si trapunta d’oro una guida di porpora, che ci delizino finchè gli va, poi continuino da uno scranno dirigenziale a regalarci la loro sapienza. Totti, Maldini… 



E Alex? Alex, il mito di centinaia di migliaia di ragazzini, il sogno di centinaia di migliaia di ragazzine, l’esempio di stile, correttezza, bravura stratosferica, genialità, umiltà, eleganza, cacciato via dalla sua Juve dall’ultimo agnellino sulla scena? Fino a ieri speravo che sotto sotto la Juve avesse organizzato tutto, un’uscita alla grande, passeggiata negli States, un bel po’ di gloria, e un anno dopo sul campo, a dare una mano potente a Conte. Ora l’uscita dell’anticipazione del libro di Alex mi deprime: allora è vero, se ne va, manco hanno provato a richiamarlo, nonostante quei colpi secchi magistrali che ci hanno rimesso in pista in campionato. Sarà dura per i tifosi di pancia protestare con la società dopo che li ha rimessi in marcia alle vette dello sport più amato. Ai tifosi di cuore e di testa, dovrebbero parlar chiaro. Se mai arriverà, qualunque successo avrà un sapore acido, quello del tradimento. La bella faccia pulita di Del Piero, che è l’unico ideale sportivo che sono lieta ammiri mio figlio, non lo merita.

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