Mentre l’Italia intera, ma in particolare i tifosi della Juventus, si interrogano su quale sarà il futuro di Alessandro Del Piero (Inghilterra? Stati Uniti? Cina? Un clamoroso ripensamento di Agnelli?), lo Juventus Stadium ha celebrato ieri il suo capitano. Dieci minuti di ovazione, un giro di campo lento ed emozionante come non mai, sciarpe lanciate ai suoi piedi come se fossero fiori e tutte raccolte da Del Piero, che naturalmente non è riuscito a trattenere le lacrime (“Ho fatto finta di allacciarmi le scarpe per non far vedere che stavo piangendo”, così ha dichiarato dopo la partita). Ora, al termine della finale di Coppa Italia di domenica sera, si aprirà un nuovo capitolo nella storia della Juventus, dopo 19 anni: i bianconeri dovranno fare a meno di Del Piero. Senza entrare nel merito della bontà della decisione di Andrea Agnelli, senza voler disquisire su quanto il capitano sarebbe potuto essere utile alla Juventus, nè di come una bandiera si possa accantonare così, con una semplice dichiarazione all’interno di un’assemblea di azionisti, la riflessione è la seguente: a chi assegnare la maglia numero 10? Sembra una questione da poco, eppure non lo è: per tutti i tifosi bianconeri, quelli ricordati dallo stesso Andrea Agnelli all’inizio della festa di ieri, vedere un altro giocatore indossare quel numero non sarà per nulla scontato. Basta vedere come Del Piero è stato salutato una volta sostituito da Pepe per capire quali siano l’affetto e l’amore che legano gli juventini al loro ormai ex capitano. E c’è di più: da quando esiste la numerazione fissa (stagione 1995/1996), la numero 10 della Juventus è sempre stata del campione di Conegliano Veneto. Sarebbe dovuta essere di Roberto Baggio, ma il Divin Codino lasciò i bianconeri proprio al termine della stagione precedente: dissidi con Lippi, che anche a causa di un infortunio lo utilizzò poco, convinto delle qualità di quel ragazzino che Boniperti aveva prelevato dal Padova per cinque miliardi di vecchie lire. Così andò la storia, la maglia che tutti sognano da bambini finì a Del Piero, e ancora oggi è sulle sue spalle. Ancora per una partita, poi sarà ora di cambiare. Già, ma come? Sky Sport 24 ci fa sapere che la dirigenza bianconera starebbe seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi di ritirare ufficialmente la maglia “incriminata”. Un po’ come si fa negli sport americani…



… con le divise da gioco che pendono idealmente dal sofitto dei palazzetti, e come anche in Italia abbiamo preso l’abitudine di fare (la 6 del Milan che fu di Baresi, la 10 del Napoli e di Maradona, la 3 dell’Inter appartenuta a Facchetti). Però, al di là che da noi la pratica non è così consolidata, il rischio sarebbe poi quello di privare altri calciatori dell’emozione di indossare un numero che, al solo pensiero, fa emozionare. Insomma, il calcio non è il basket, dove i numeri raramente simboleggiano un ruolo – quantomeno in America è così, ma anche in Europa – e poi, come ha ricordato lo stesso Del Piero qualche giorno fa, “non sarebbe giusto: da bambino io sognavo di indossarla, e come me ci saranno tanti altri ragazzini”. Personalmente, ritengo che la maglia numero 10 debba essere presa da qualcun altro. Certo sarà una responsabilità pesante, nessuno lo nega, e sono convinto che da ora in poi quando saranno decise le numerazioni non si potrà andare tanto alla leggera nel fare la conta. Per intenderci: non sarei d’accordo nell’assegnare la numero 10 al Van Persie o all’Higuain di turno, al tanto agognato top player straniero: per quanto forti e decisivi potranno essere, non avranno dentro quella consapevolezza, almeno all’inizio, di cosa voglia dire portare quella maglia. Il mio suggerimento, per quanto può valere (cioè nulla, a titolo di influenza sulla decisione) è che sia data a un giovane, con l’augurio che possa ripercorrere anche solo metà della straordinaria carriera di Del Piero. Un nome? Se davvero arriverà a Torino, la mia candidatura è Marco Verratti. E’ giovane, ha talento, ha già il numero 10 nel Pescara. Chi meglio di lui? Con una precisazione: di Del Piero, ce n’è e ce ne sarà uno solo.

 

(Claudio Franceschini)

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