(di Charles Monti). Nonostante le tensioni del calcioscommesse e l’assenza di Antonio Conte in panchina, la prima partita ufficiale della Juventus – tra l’altro, senza Del Piero, dopo 19 anni di maglia bianconera del Capitano – si chiude come le 42 giocate nella scorsa annata agonistica: cioè con una vittoria, con un sonoro 4-2, suggellato dagli splendidi gol di Asamoah (il primo) e di Vucinic (l’ultimo). Insomma, la Juve riprende da dove aveva lasciato, a parte l’infelice epilogo di stagione proprio contro il Napoli, che a Pechino però paga dazio con gli interessi.
La partita, ovviamente, si porterà dietro un velenoso strascico di polemiche, iniziate con la poco elegante decisione del Napoli di non partecipare alla cerimonia di premiazione della Supercoppa italiana 2012. E’ comprensibile l’amarezza (la rabbia?) dei partenopei, che forse sono arrivati a questo primo appuntamento stagionale con le pile troppo cariche.
La tensione, in teoria, avrebbe dovuto attanagliare le gambe e annebbiare i riflessi ai bianconeri e invece è accaduto il contrario. I napoletani, soprattutto all’inizio del secondo tempo, quando la Juventus ha prodotto il massimo sforzo nel tentativo di raddrizzare per la seconda volta lo svantaggio, si sono macchiati di alcuni interventi pesanti e giustamente sanzionati dall’arbitro Mazzoleni. Segno del loro crescente nervosismo. E a proposito dell’arbitro, ha avuto pienamente ragione nell’assegnazione del rigore su Vucinic (il montenegrino anticipa nettamente Fernandez, che con la gamba destra lo fa cadere) e ha fatto bene a estrarre i cartellini gialli (giusto anche il primo a Zuniga per reazione, ma in realtà il giocatore partenopeo aveva subìto fallo da Pirlo), mentre poteva sorvolare – limitandosi a un richiamo verbale – sull’espulsione di Pandev, che comunque è andato a cercarsela stupidamente da solo (altro segnale evidente di nervi a fior di pelle).
Ma torniamo a quanto ci ha detto la partita. Intanto, vittoria meritata, nonostante il Napoli abbia saputo mettere in campo il meglio delle sue ripartenze velenose. Anche nei 90 minuti regolari, quelli giocati in parità numerica, la Juventus ha messo in mostra fin dalle prime battute la sue armi abituali, quelle che l’anno scorso le hanno permesso di dominare il campionato e in molte sfide di schiantare la resistenza degli avversari. In primo luogo, la facilità nella circolazione della palla. Anche undici contro undici la Juventus ha avuto una netta supremazia territoriale: il possesso palla parla chiaro, con un 60% a favore dei bianconeri. Oltre a questa qualità tecnica, gli juventini non hanno lasciato negli spogliatoi quella grinta, quella determinazione e quella capacità di reagire che ne costituisce il vero e proprio Dna. Se vogliamo trovare il pelo nell’uovo, diciamo che non si sono ancora visti quegli “occhi di tigre” che l’anno scorso hanno accompagnato la lunga cavalcata dei Conte boys. Ma è anche vero che siamo solo a metà agosto, all’inizio del campionato mancano due settimane, la preparazione – come la intende Conte, ovviamente, tutta fatica e sudore – non è stata ancora completata. Solo a quel punto, quando il motore dei giocatori sarà bello lucido, rivedremo il solito sprint, l’abituale spirito cannibalesco, la consueta aria da pirati all’arrembaggio della truppa bianconera.
Dal punto di vista tattico, la Supercoppa italiana 2012 ha riconsegnato ai tifosi juventini un segnale d’allarme, una conferma e una sorpresa. Cominciamo dal primo. Per la prima volta la difesa a tre è andata in difficoltà, si è fatta bucare con troppa facilità, soprattutto in occasione del primo gol (splendida comunque la freddezza con cui Buffon ipnotizza l’uruguagio, impedendogli la rete nel primo tentativo uno contro uno). L’assenza di Chiellini si è fatta sentire due volte: uno, perché Barzagli non ha potuto giocare sul solito lato destro della difesa; poi, perché Lucio resta ancora un corpo estraneo ai meccanismi della squadra: lui che fa della prepotenza e dell’esuberanza fisica i suoi punti di forza, nella difesa a tre, i cui movimenti deve ancora metabolizzare, si aggira un po’ spaesato e molle.
Grave, infine, l’errore di Bonucci in occasione del gol di Pandev, anche se il difensore ha giocato complessivamente una buona partita.
Oltre alla ribadita forza del centrocampo (a cui ora si è aggiunta una “vitamina” preziosissima, dal punto di vista tattico e atletico, di nome Asamoah: a Pechino ha sterilizzato le incursioni di Maggio), la conferma è invece data dalla scarsa consistenza e pericolosità dell’attacco. La Juve gioca bene fino a trequarti campo, poi – senza gli inserimenti dei centrocampisti – perde di incisività. Giovinco non ha demeritato, ma è troppo leggero per partite di questa importanza e “cattiveria”, mentre Matri è rimasto ingabbiato dall’ottima predisposizione difensiva della squadra di Mazzarri. Molto meglio nel secondo tempo con l’ingresso di Vucinic, che nel primo quarto d’ora della ripesa ha colpito un palo, ha costretto Cannavaro a un salvataggio a porta vuota e ha dato profondità e vivacità al reparto offensivo. Comunque un top player ci vuole proprio.
Quanto poi alla sorpresa tattica, presto detto: il Napoli ha riproposto fin dal primo minuto lo schema della marcatura asfissiante su Pirlo (affidata prima ad Hamsik, poi a Cavani e infine a Gargano) che l’anno scorso diverse volte mise in difficoltà la Juve, un po’ impacciata nella costruzione del gioco. Una soluzione che molte altre squadre copieranno. Ebbene, nella partita con il Napoli, Pirlo si è spesso preoccupato di liberare il corridoio centrale a Bonucci, il quale, con maggior precisione, si è caricato sulle spalle l’onere di imbastire la manovra. E in tal senso, contro avversari meno pericolosi, sarà molto interessante, in questo ruolo, l’eventuale utilizzo di Marrone al centro della difesa, diciamo “alla De Rossi”.
Infine, un’ultima parola e un applauso a Massimo Carrera, che ha guidato i ragazzi come vice-Conte (a cui è giusto dedicare questa prima vittoria stagionale). Carrera è stato la fotocopia dello “Special One del Salento”: in piedi per 120 minuti, anche in undici contro nove sempre lì a ricordare ai giocatori di non abbassare la guardia e a suggerire loro movimenti e passaggi.
Archiviamo, allora, con soddisfazione il primo ruggito della stagione, nella speranza che sia beneaugurante in vista degli imminenti impegni di campionato e Champion’s League.