“Gigi Buffon avrà le porte sempre aperte alla Juventus: il suo rinnovo non è stato un problema, era solo questione di tempo tra persone impegnate. E’ bastato guardarci negli occhi”. Andrea Agnelli ha introdotto così l’annuncio del prolungamento del contratto di Gianluigi Buffon con la Juventus: ormai è storia nota, il portiere della Nazionale ha firmato per altri due anni, dunque fino a giugno 2015 sarà legato alla Juventus portando a 14 le stagioni di militanza in bianconero. “Porterò nel cuore queste parole del mio presidente, probabilmente le riascolterò” ha detto Buffon: un pezzo di storia della società di Corso Galileo Ferraris, oggi che Del Piero è dall’altra parte del mondo l’ultima bandiera rimasta nella Juventus. E’ stata una bella occasione per ripercorrere la storia di questo straordinario portiere, il suo trascorso nella società che nel 2001 lo acquistò dal Parma per 75 miliardi di lire. “La mia prima preoccupazione era quella di essere adeguato a una società simile, io che venivo da una realtà provinciale alla quale devo ancora molto”. Che è la stessa preoccupazione di oggi: “Non volevo essere un peso per la società, non volevo che fossero condizionati, per questo avevo pensato a un accordo di un anno”. Parla con umiltà e semplicità Buffon, ma anche con la consapevolezza di essere quello che è: “La differenza tra me e gli altri la capisco quando per un mio rinvio sbagliato si alza un polverone”. Il portiere ricorda bene quelle prime volte con grandi campioni in squadra. Andrea Agnelli invece ha in mente una delle prime volte in cui si incrociarono. “Nel 2005 la Juventus si allenava al Sisport, io andavo e venivo dagli allenamenti; Buffon mi intercettò e mi disse ‘Oh Andrea, mi fa piacere che sei sempre qui, significa che ci tieni’. E’ stato un attestato di stima che mi è servito quando poi sono diventato presidente”. E’ una chiacchierata tra due amici: le domande dei giornalisti non scavano troppo in profondità, anche gli accenni ad Alex Del Piero che potrebbero mettere in imbarazzo Agnelli non sembrano intaccare il presidente (che comunque lascia a Buffon il compito di rispondere). C’è spazio per ricordare l’Avvocato di cui domani ricorre il decennale della morte (“Se fosse stato qui non avrebbe detto nulla di banale o retorico, come era solito fare”, dice Buffon; “Mi piace pensare che da lassù lui e Umberto siano soddisfatti di vedere che quello che hanno costruito continua ed è passato in mani che a loro volta potranno passare ad altri con la stessa certezza”, commenta Agnelli) e c’è tempo per affrontare i soliti retroscena che accompagnano le firme dei contratti: 



Buffon ammette che nessuno lo ha cercato in questi mesi, e che comunque non avrebbe avuto bisogno di pensare al futuro, vista la storia e il rapporto costruito in questi anni con staff e dirigenza. ” I compagni li porto tutti nel cuore, non posso fare nomi”. Sul futuro Gigi è chiarissimo: “Le date le avete tirate fuori voi, io non ho ancora deciso cosa farò dopo il 2015”, e si fa una risata quando gli ricordano che non potrà giocare in Qatar nel 2022. “Ma non ho rimpianti, per niente; nemmeno degli anni in cui siamo stati in difficoltà con la Juventus”. Ha però un’idea chiara in testa: “Vorrei vincere quello che non ho ancora vinto: un passo alla volta, con la Champions League si aprirebbe una spirale di altri trofei da conquistare”. Agnelli gli fa eco: “Il mio auspicio è che Buffon possa interrompere la striscia negativa di Palloni d’Oro fuori dall’Italia, e soprattutto che possa essere il secondo portiere a vincerlo dopo Lev Yashin, un nome mitico nella nostra infanzia e che era come un muro davanti alla porta”. Il nostro augurio è di gustarci Gianluigi Buffon il più a lungo possibile, prima che quelli che adesso sono considerati i suoi eredi scrivano metà della storia che ha scritto lui: “Non posso fare nomi, sono tanti e il movimento è florido e in crescita”, dice Buffon dei suoi colleghi in erba; “ho avuto la fortuna di allenarmi con Leali che ha molte qualità”. Sarà lui l’erede di Buffon? La Juventus sarebbe contenta: ce l’avrebbe già in casa.



 

(Giancristofaro Davide)

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