“C’è una stella in cielo che indica il cammino, forza Juve vincere è il tuo destino”. Questo striscione fu esposto in curva Scirea, allo stadio Delle Alpi di Torino, domenica 26 gennaio 2003. Juventus-Piacenza, prima giornata di ritorno di serie A: due giorni prima era scomparso, a quasi 82 anni di età, Gianni Agnelli. Oggi ricorre dunque il decimo anniversario da quando l’Avvocato ha salutato tutti. Azionista e amministratore dell’azienda di famiglia, la FIAT, l’Avvocato ha legato indissolubilmente il suo nome a quello della Juventus: fu presidente, fu figura chiave, fu leggenda. Nella storia, anzi nella leggenda, sono entrate le sue telefonate a Giampiero Boniperti e ai calciatori; i soprannomi affibbiati ai calciatori (Coniglio Bagnato per Roberto Baggio, Pinturicchio per Alex Del Piero); i suoi modi di dire, le sue espressioni (“Platini non subiva mai fallo perchè dava via la palla in fretta; quelli che subiscono i falli sono quelli che aspettano”, raccontava a José Altafini in una intervista per Sky Sport). Innamorato del bel calcio, era sempre presente allo stadio, per assistere alle partite dei bianconeri: c’è da dire che si è trattato bene, tra fantastici numeri 10 come Sivori, gli stessi Platini e Del Piero, Baggio. Quel giorno, contro il Piacenza, la Juventus lo omaggiò vincendo 2-0: Pinturicchio si inventò uno strepitoso gol di tacco su cross di Zambrotta, una perla che, si disse, solo l’Avvocato da lassù poteva aver ispirato. Ci fosse stato lui, tutti furono concordi, quel gol lo avrebbe reso contento. Oggi la Juventus è di proprietà del nipote: Andrea, figlio del fratello di Gianni, Umberto, scomparso a sua volta un anno e mezzo più tardi. Sotto la guida di un Agnelli i bianconeri sono tornati a vincere dopo un periodo buio: la retrocessione a tavolino, la lenta risalita, i due settimi posti. Poi, lo scudetto: sarebbe stato felice, Gianni, di questa squadra che è tornata a farsi rispettare in Italia e in Europa. Chi lo ha conosciuto bene è stato Luciano Moggi, direttore sportivo della Juventus tra il 1994 e il 2006: con Moggi, i bianconeri hanno vinto tutto, ripetendo il ciclo fantastico che fu di Giovanni Trapattoni e se possibile andando anche oltre. Ecco dunque come l’ex ds dei campioni d’Italia in carica, in esclusiva a Ilsussidiario.net, ha ricordato Gianni Agnelli.
Direttore, come ricorda l’Avvocato? Non lo scopro certo io l’Avvocato; era una persona eccezionale come immagine, come carisma, come tutto.
C’è un’immagine in particolare che porta con sè? Ho un ricordo indelebile: due giorni prima di morire chiamò Marcello Lippi e me a casa sua. Siamo stati insieme per un’ora, dopo di che ci siamo congedati e lui ci ha detto, poverino: “Chissà se vi potrò rivedere”. Questa è una cosa che mi è rimasta impressa nella mente e nel cuore.
Cos’ha rappresentato per la Juventus?
Molto semplicemente, insieme al dottor Agnelli è stato l’inventore della Juventus; non ci sono dubbi su questo.
Oggi sarebbe orgoglioso di questa squadra? Penso di sì, anche perchè è una Juventus che dà soddisfazioni, e lui viveva di soddisfazioni calcistiche, era sensibilissimo su questo.
E sarebbe felice di vedere suo nipote Andrea alla guida della Juventus? Non ci sono dubbi. Lui voleva solo vedere la Juventus vincente, non faceva distinzioni su chi la guidasse. Ansrea poi è un ragazzo in gamba; era giovane quando c’era l’Avvocato, ma è sempre stato una persona sensibile nei confronti dell’Avvocato e molto vicina a lui.
(Claudio Franceschini)