Quattro gol in 14 minuti: bisogna sfogliare gli almanacchi per andare a scoprire l’ultima volta in cui alla Juventus è capitato qualcosa del genere. Viene subito alla mente il 2-4 interno subito contro il Parma, che portò alle dimissioni di Marcello Lippi; o lo 0-4 dell’Olimpico, contro la Roma di Fabio Capello. Parliamo di 1999 e 2004, un decennio fa e anche oltre. Il rovescio contro la Fiorentina è di quelli pesanti, che devono far riflettere; chissà, forse sarà la molla per la rinascita, come lo era stata la sconfitta interna subita dall’Inter a novembre di un anno fa. Per sapere se sarà così bisognerà aspettare, ma intanto si può fare una riflessione non tanto sul risultato in sè, quanto sulle singole responsabilità all’interno di un evidente calo mentale (clicca qui per l’intervista esclusiva a Sergio Brio). Asamoah che si dimentica di ripiegare in occasione del gol di Joaquin, Marchisio che sbaglia un facile 3-0 che avrebbe messo in ghiaccio la panchina, lo stesso Conte che non adotta contromisure ai cambiamenti tattici di Montella e si fa triturare negli spazi aperti. Poi, Gigi Buffon. Non sarà dipeso tutto da lui, ma l’errore sul secondo gol di Giuseppe Rossi è parso evidente, al di là della traiettoria presa dal pallone e dalla visuale non perfetta. Ne avevamo già parlato, en passant, nell’analizzare la panchina punitiva per Arturo Vidal: Buffon non è più lo stesso di un tempo. Lo dice la carta d’identità, inesorabile per chiunque, lo dice il rendimento in campo. Quest’anno le sveglie sono state più di una: tiri non trattenuti, respinte al centro dell’area di rigore, cali di concentrazione come appunto quello di Firenze. Come già ricordato, la Juventus un cambio drastico in porta lo aveva già fatto: 18 novembre 1984, derby della Mole, i bianconeri vanno in vantaggio con Platini ma vengono ripresi da Francini. Al 89′ minuto Junior batte un calcio d’angolo, Stefano Tacconi esce male e Serena incorna il gol della vittoria. L’ex portiere dell’Avellino pagò per tutti: finì in panchina, sostituito da Luciano Bodini in un periodo in cui il portiere di riserva era davvero una riserva, nel senso che il turnover non esisteva e il numero 12 giocava pochissimo. Che sia arrivato il tempo di “panchinare” Buffon? Da certe parti del tifo bianconero può suonare impopolare: Buffon è la bandiera, è sceso in Serie B da campione del mondo (e quasi Pallone d’Oro), per 13 stagioni (compresa questa) ha difeso i pali della Juventus vincendo scudetti (6, contando anche quelli revocati) e Supercoppe Italiane (4) e diventando in bianconero il portiere più forte al mondo. Tuttavia gli anni passano per tutti: c’è stato un periodo in cui la Juventus non aspettava il lento e inesorabile declino, vendeva e incassava quando capiva che il ciclo era finito. E’ stato così per Gianluca Vialli, Roberto Baggio, Zinedine Zidane e via discorrendo. E’ stato così persino per Alex Del Piero, pur se qui il caso è diverso e andrebbe approfondito; perchè non potrebbe essere lo stesso con Buffon? La riconoscenza sarà sempre eterna per quello che Gigi ha fatto a Vinovo ma, come dicono gli stessi tifosi, i giocatori passano e a restare sono i colori. Anche perchè la Juventus, anche questo si era già detto, ha girato in prestito allo Spezia un portierino del 1993 che lo scorso anno è stato votato migliore della Serie B per il suo ruolo. Si chiama Nicola Leali, gioca nello Spezia ed è già considerato l’erede di Buffon. Lanciarlo a partire da gennaio, in una Juventus che comunque è in corsa per lo scudetto, non sarebbe un azzardo; prima o poi i giovani vanno lanciati, e se davvero i bianconeri hanno intenzione di farne il numero 1 del futuro questa potrebbe essere l’occasione giusta per metterlo davvero alla prova. Buffon, con buona pace di tutti, può sedersi in panchina: a riflettere sui suo errori, come è successo a tutti prima di lui, e magari a tornare anche più forte di prima. Perchè nel calcio di oggi, pur con tutto il garbo e la riconoscenza, gli intoccabili non esistono.



(Claudio Franceschini)

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