Ci siamo. Antonio Conte ha abituato tutti bene in questo ultimo periodo: per ogni singola gara della Juventus ha utilizzato espressioni da battaglia. Finale, scontro decisivo, partita con la P maiuscola. I bianconeri le hanno superate tutte. Sembra di rivedere Braveheart, che sarà anche un film ma è ispirato a fatti realmente accaduti: quando William Wallace si mise a capo di un manipolo di sbandati ed ebbe la pretesa di liberare la Scozia, i Plantageneti se la risero. Fino a che arrivò il 1314, arrivò Bannockburn, e a ridere furono altri. Ci perdonerete la similitudine ma, al di là del precedente turno con il “sacco di Glasgow”, per raccontare la Juventus di oggi ci è sembrato che fosse utile. Per spiegare innanzitutto chi è Antonio Conte: un signore che quando è arrivato a Vinovo ha preteso immediatamente che tutti si ricordassero il peso della maglia che stavano indossando. Attraverso l’orgoglio di essere juventini ha macinato risultato su risultato, ha predicato calma davanti ai microfoni ma è stato pizzicato da qualche telecamera nascosta a infondere il fuoco vivo del furore agonistico nei suoi uomini. Che l’hanno seguito: subito lo scudetto, quando nessuno se lo aspettava. Oggi, stasera, l’Allianz Arena. Alzi la mano chi pensava che fosse possibile, anche solo qualche mese fa; quando la Juventus arrancava su un campo scandinavo di fronte a carneadi mai usciti dai confini marcati dalla statua della Sirenetta. E’ successo: la Juventus è in Germania, sette anni dopo l’ultimo quarto di finale di Champions League giocato. Il tifoso della Juventus ha vissuto questo percorso di “redenzione” sportiva soffrendo, tifando, esultando e deprimendosi. E’ stato su campi di periferia, ha fatto festa per pareggi risicati a La Spezia, ha gioito per il 5-1 di Arezzo che significava fine dell’incubo. Forse, che sulla panchina dei toscani ci fosse Antonio Conte, quel giorno, non era poi un caso. Poi il tifoso juventino ha seguito la parabola di una squadra che ha provato a tornare grande senza riuscirci, si è garantita l’accesso alla Champions League, ha perso agli ottavi di finale contro la corazzata Chelsea, l’anno dopo è stata triturata dal Bayern Monaco. Oggi, si sta prendendo le sue rivincite, e per questa sera studia e annota. Annota che i Blues sono stati battuti ed eliminati: prima rivincita. Annota che adesso ci sono i bavaresi, e forse il sorteggio è stato beffardo ma ridendosela sotto i baffi ha concesso un’opportunità. Annota, il tifoso della Juventus, che questo percorso somiglia tanto a quello del 1996: anche allora quella squadra vinse subito lo scudetto con Marcello Lippi, si presentò alla campagna d’Europa e a maggio alzò la coppa. E però il tifoso della Juventus ricorda con timore il precedente del 2009: la squadra arrivava da un 2-1 sull’Inter, giocò contro il Bayern avendo fiducia piena e ne prese 4. Con due distinzioni: 



Allora non c’era possibilità di rifarsi con un ritorno (era quello, il ritorno) e i campi erano invertiti in entrambe le occasioni, nerazzurri e tedeschi. Chissà mai che non sia un segno anche questo. Poi, il tifoso bianconero ha aperto i giornali stamattina e si è soffermato sul dato lanciato in prima pagina da Il Corriere dello Sport: nei confronti diretti, Italia-Germania dice 107-79. E vorrebbe non averlo letto, perchè il tifoso è scaramantico e le statistiche è meglio sempre averle contro, in modo da poter dire“era tutto contro di noi, e invece…”. E infine, il tifoso della Juventus si gode questa nottata, perchè sa di essersela meritata. E sa che il Bayern Monaco è un ostacolo durissimo, ma che nel 1996 lo era anche il Real Madrid. Sa che l’Antonio Conte visto ieri in conferenza stampa darà tutto se stesso, e anche di più, per portare la sua Juventus là dove le compete: in cima all’Europa. E se un giorno non lontano la Juventus non sarà più la sua squadra, beh, il tifoso bianconero si traveste da Rhett Butler, almeno per una notte, e a testa alta dice “Francamente me ne infischio”, perchè non è questo il giorno per parlare di possibilità future. Perchè poi, come diceva Rossella O’Hara, “domani è un altro giorno”. Lei voleva riconquistare Clark Gable, la Juventus quella Coppa che non vince da 17 anni. Se un domani ci sarà, cominceremo a saperlo stanotte. 



 

(Claudio Franceschini)

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