“L’abbiamo davvero fatta grossa”. Le parole di Massimiliano Allegri su Twitter simboleggiano e riassumono la serata che la Juventus ha vissuto al Bernabeu. Dodici anni fa il 14 maggio, stavolta il 13: Real Madrid eliminato e finale di Champions League conquistata. E’ successo davvero: la Juventus va a Berlino a giocarsi la coppa più prestigiosa, con buona pace di chi non ci credeva e con i tanti brividi storici per la memoria di una città che ci ha consegnato – come Italia – il Mondiale. Pirlo e Buffon c’erano, e ovviamente lo hanno ricordato a più riprese; lo ha fatto anche Alex Del Piero, oggi il tifoso numero 1. “Da Berlino alla B, dalla B a Berlino”; perchè non va dimenticato che otto anni fa questa squadra giocava ancora su campi di periferia in una categoria minore. Da allora sono arrivati quattro scudetti in fila, e un sogno chiamato finale di Champions League.
Dire oggi che il 15 luglio di un anno fa la situazione era ben diversa apparirebbe ora banale; raccontare di uno scenario semi-tragico del tutto modificato è già stato fatto. Dopo il Borussia Dortmund, dopo il Monaco: a ogni tappa si è ricordato di come la scorsa estate l’addio di Antonio Conte avesse creato una sorta di vuoto nell’ambiente Juventus, tanta incertezza e molto, moltissimo malumore per la scelta di un allenatore etichettato non solo come “nemico”, ma anche come poco adatto a guidare una squadra di vertice con fame d’Europa. Dieci mesi dopo è tutto diverso, ma il punto non è nemmeno questo; il punto invece è riconoscere, proprio a poche ore dall’impresa di Madrid, i meriti di Antonio Conte. Che ha forgiato una squadra senza certezze, l’ha plasmata su grinta e fame che erano le sue, le ha dato furore agonistico e consapevolezza, l’ha blindata in difesa e ne ha potenziato il centrocampo. E’ stato Conte a creare il Vidal tornato Guerriero nelle notti più importanti; lui a fare di Marchisio un giocatore universale; lui a ridare ossigeno a Pirlo che molti davano per finito. La finale di Champions League è anche un po’ sua, e sarebbe sbagliato non riconoscerlo.
L’unico errore di Conte è stato quello di non crederci più. “Vedere un’italiana in finale di Champions da qui a tanti anni sarà molto dura”. Parole dell’attuale CT della Nazionale, dicembre 2013, con la Juventus fuori al girone eliminatorio. Allora ci credevano in tanti, anche e soprattutto i tifosi; oggi non ci crede più nessuno, perchè la Juventus la finale l’ha raggiunta. E qui arrivano i meriti di Allegri: che intanto ha vinto lo scetticismo dilagante (per usare un eufemismo), poi ha dimostrato a tutti come si arriva in finale pur senza spendere milioni di euro e petrodollari e giocando contro squadroni che fanno venire paura solo a nominarli. Con un po’ di fortuna certo. Ma anche a testa alta, senza timori reverenziali e credendo sempre di potercela fare. Quello che non ha fatto Conte; la storia non ci consegnerà la controprova e non sapremo mai se con lui in panchina la Juventus a Berlino ci sarebbe arrivata comunque. Quel che conta è che alla porta di Brandeburgo i bianconeri ci vanno con Allegri, e il 6 giugno contro il Barcellona avranno l’ultima partita per scrivere la storia. Perchè farla grossa si può; renderla enorme, forse, anche.
(Claudio Franceschini)