Il quinto scudetto consecutivo della Juventus è lo scudetto dei senatori. Mai come in questa stagione la trionfale cavalcata dei bianconeri verso il tricolore deve tanto, tantissimo e forse tutto al gruppo storico. Volti e nomi noti: Gianluigi Buffon, Andrea Barzagli, Leonardo Bonucci, Giorgio Chiellini – non a caso la difesa titolare. Ma anche Claudio Marchisio, leader silenzioso, e Patrice Evra che, pur essendo a Vinovo da meno di due anni, è diventato in fretta una voce rispettata e carismatica nello spogliatoio.



Tutti sanno che c’è un momento preciso nel quale la Juventus ha costruito questa incredibile vittoria: mercoledì 28 ottobre, al Mapei Stadium di Reggio Emilia. I bianconeri – in rosa quella sera – cadono contro il Sassuolo: scivolano a 11 punti dalla vetta (occupata dalla Roma), e a 9 dal trio Napoli-Inter-Fiorentina. Unanimi i pareri degli addetti ai lavori: scudetto addio. Al 25 aprile – in realtà già da prima – sappiamo che non è così: tre giorni dopo quella débacle la Juventus vince (giocando male) il derby contro il Torino, con un gol di Cuadrado all’ultimo secondo.



Da lì è un fiume in piena: arrivano 15 vittorie consecutive (record per la squadra in Serie A) e 24 in 25 partite, come mai nessuno nella storia. Non solo: Gigi Buffon stabilisce il record di imbattibilità nel massimo campionato, fermando il cronometro a 974 minuti, e nel girone di ritorno (ancora da completare) incassa appena 3 reti. Stiamo parlando di una squadra martoriata dagli infortuni, fin dai primi giorni: Khedira ha saltato 12 partite, Chiellini 10 e così Mandzukic, Caceres è stato disponibile in appena 13 occasioni ed è fuori causa da due mesi e mezzo, Marchisio prima di rompersi il crociato e saltare le ultime due era stato fuori 11 volte per problemi fisici.



Qui sono emersi gli altri: Mario Lemina, un oggetto misterioso nelle prime uscite; Daniele Rugani, del quale Allegri non si fidava e che è cresciuto di partita in partita; Hernanes, che era arrivato per fare il trequartista nel 4-3-1-2 e che ha dato il suo contributo da playmaker basso; e Simone Zaza, autore del gol scudetto contro il Napoli. Non solo: Alvaro Morata, che sembrava il fantasma di se stesso nel girone di andata, ne ha segnati 6 al ritorno mettendo la firma sul derby (doppietta) e sulla trasferta di Firenze. La differenza tra la Juventus e le altre squadre di questo campionato è arrivata da qui, dalle seconde linee. Eppure non è soltanto la profondità della rosa. E’ anche quello, ma non basta a spiegare una rivoluzione totale tra i primi mesi e gli ultimi. E’ qualcosa di più.

Torniamo a Reggio Emilia: dopo quella sconfitta, ai microfoni si presentarono Buffon ed Evra. Uno disse che alla sua età era stanco di fare “figure da pellegrino”, l’altro sibilò che quella sera nessuna aveva onorato la maglia. Da allora, la Juventus non ha più sbagliato un colpo: ha recuperato 21 punti al Napoli, 26 alla Roma, 30 all’Inter, 35 alla Fiorentina. Lo spogliatoio si è compattato attorno ai suoi leader, la squadra ha iniziato a girare, i punti di domanda sono diventati esclamativi, magari non ancora granitiche certezze ma comunque in grado di sostituire i titolari per qualche partita, senza pagare dazio. E’ lo scudetto dei senatori; e di Massimiliano Allegri, che ha sempre detto – ricordandolo oggi, a champagne stappato – come un campionato sia più simile a una maratona che non a uno scatto di 100 metri, e che dalle sconfitte si esce più forti. Una lezione che i suoi giocatori hanno mandato a memoria ancora una volta.

(Claudio Franceschini)