Il Milan non cambia marcia. Nemmeno la musica della Champions League, che negli anni scorsi aveva sempre ispirato grandi prestazioni ai rossoneri, è servita a spezzare l’astinenza da gol che attanaglia la banda Allegri in questo inizio di stagione. Quattro partite ufficiali, tre gol realizzati e tutti nella trasferta di Bologna: a San Siro non ha ancora messo la palla in rete, e sono già 270 minuti. Troppo, anche per una squadra che ha perso la sua bocca da fuoco principale e che ha cambiato pelle in estate. Il gioco latita, le – poche – occasioni create vengono sprecate e la squadra non è tranquilla, con la conseguenza di sbagliare anche le cose più elementari. Così, una formazione modesta come l’Anderlecht si è trasformata in un Everest, che alla fine non è stato scalato. Nella notte un vertice tra Galliani e Berlusconi ha confermato la fiducia in Allegri, ma il tecnico non è saldo al timone: se a Udine le cose non dovessero girare, è anche possibile che ci sia il ribaltone. Intanto, per analizzare la situazione del Milan abbiamo contattato Antonio Di Gennaro, campione d’Italia con il Verona nel 1985 e assistente di Fatih Terim proprio al Milan nel corso della stagione 2001/2002, con esonero subito alla nona giornata: l’Imperatore fu il quarto e ultimo allenatore licenziato nel corso dell’era Berlusconi. Di Gennaro dunque sa cosa vuol dire affrontare un periodo difficile in una squadra che per storia e blasone è sempre chiamata alla vittoria. Ecco le sue parole, nell’intervista esclusiva rilasciata a Ilsussidiario.net
Un altro pareggio a reti bianche per il Milan: Allegri per ora resta, ma se dovesse far male a Udine?
Credo che la società sia stata chiara: sia Berlusconi che Galliani hanno ribadito che non rischia il posto. E’ un momento particolare dall’inizio del campionato, e non parlo solo delle cessioni.
A cosa si riferisce?
Ci sono tanti infortunati importanti, e ho in mente soprattutto Pato che ancora non recupera: se torna in forma, può essere davvero importante per questo Milan. Secondo me ci vuole ancora un po’ di pazienza: c’è anche un livellamento per quanto riguarda il campionato, la Juventus è la favorita ma le altre sono tutte lì. Il Milan ha avuto una partenza ad handicap a livello psicologico.
Le cessioni dunque hanno influito?
Assolutamente sì: ci sono state partenze importanti, giocatori che hanno dato tanto alla maglia. C’è stato un rinnovamento, si è ripartiti mettendosi in discussione: sicuramente bisogna migliorare sul piano del gioco, ma ci vuole ancora tempo.
In particolare, dove fa più fatica il Milan?
E’ più che altro una difficoltà generale: è normale che i nuovi, come De Jong davanti alla difesa, deve ancora abituarsi a giocare di fianco ai due interni. Ieri poi mancava Montolivo; ecco, se c’è una cosa che preoccupa sono proprio gli infortuni, perchè si è fatto male anche Bonera che, per come uscito, credo abbia avuto un problema alla coscia di natura muscolare.
Sul campo invece?
Penso alla fase offensiva: il Milan ha segnato poco, solo tre gol a Bologna peraltro venuti con un rigore, un errore del portiere… credo però sia un problema di carattere generale, se gli attaccanti fanno fatica è perchè la squadra intera non riesce a supportarli. La difesa ha perso Thiago Silva e Nesta, a centrocampo se n’è andato Pirlo ma finchè giocavano Ambrosini e Pirlo la squadra ha tenuto, ha perso lo scudetto nelle ultime battute e in Champions League ha fatto la sua parte. Quest’anno, si riparte da zero.
Anche lei al Milan visse un periodo simile…
Sì, mi rivedo in questa situazione: con Terim avevamo una squadra che non era strutturata per vincere, poi successero anche cose poco tecniche che nel calcio capitano sempre. Ancelotti comunque arrivò quarto, ovvero nella posizione in cui noi lasciammo.
Questo cosa significa?
Che la squadra non era stata costruita per grandi traguardi, mentre è stata fatta l’anno successivo, con un’ambizione rinnovata. Quindi, può essere anche un anno di transizione, e con il livellamento che c’è tra le squadre penso che il Milan, con un po’ di pazienza e recuperando i giocatori importanti, possa ancora dire la sua.
In conclusione: qual è la ricetta per uscire da questa crisi?
Vincere. In questi momenti il bel gioco conta fino a un certo punto: contano i risultati, sa meglio di me che senza le vittorie, anche se giochi bene, il sistema va in crisi.
(Claudio Franceschini)