Era prevedibile. Dovevano uscire prima o poi le voci di colpi a sensazione, gli andirivieni di via Turati 3, la sfilata di procuratori più o meno sorridenti che aprono strade più o meno impossibili. Impossibili perché i soldi non crescono sotto gli alberi, soprattutto in campagna elettorale, periodo nel corso del quale invece, puntualmente, si creano le abituali fazioni: chi pensa che Silvio Berlusconi regalerà il “colpo” per compiacere i tifosi, chi pensa che Silvio Berlusconi non regalerà proprio niente per compiacere i non tifosi (sensibilmente di più). E poi arriva Beckham. E poi arriva Kakà. E poi arriva la sensazione che, in fin dei conti, il nuovo corso rossonero fatto di giovani, di scarsa pecunia, sia stato solo un pretesto perché tutti quei soldi per un difensore quasi 28enne, sommati alla cifra per cui il PSG ha accettato di accollarsi la “macchina” over 30 Ibrahimovic, il Milan non li avrebbe mai e mai più visti.



E allora ecco l’ennesima operazione “geniale”, o presunta tale, per cui un campione, venduto meno di 4 anni fa per una cifra che si aggirò attorno ai 65 milioni di euro, oggi accetterebbe qualsiasi condizione pur di tornare in un ambiente che, nemmeno nella galactica Madrid, ha più ritrovato. Peccato che la bellezza, la tranquillità, la pur paradisiaca condizione di Milanello come al solito deve fare i conti (è proprio il caso di dirlo) con quel pesante ingaggio difficile da limare. Undici milioni di euro all’anno che tanto stridono con quel romanticismo che ogni volta, per magia e convenienza, si torna a respirare attorno al promesso e ripromesso ritorno a Milano del “Bambino d’Oro”. Soluzioni? Riprendere il filone Robinho-Santos o chiudere con lo Zenit di San Pietroburgo per Abate attorno a una cifra “monstre”, diciamolo, pari a 12-13 milioni di euro. Alternative? Una, David Beckham.

Pochi problemi di soldi (parametro zero e un ingaggio da concordare in assoluta amicizia), ma due intoppi da non sottovalutare: il veto di Massimiliano Allegri e quella sensazione, già manifestata in precedenza, che in verità il rinnovamento nel nome dei “top young” sia stato fino ad oggi un semplice pretesto. Classe 1975, quel carisma che per questo gruppo sarebbe una manna dal cielo, ma anche un nome ingombrante per un allenatore che vorrebbe, forse, vivere gli ultimi mesi sulla panchina rossonera nella maniera più serena (e piatta) possibile.

Scenario che, purtroppo per il tecnico livornese, sembrerebbe allontanarsi dopo le parole del presidente Berlusconi di ieri sera a “TirrenoSat”: “Abbiamo puntato sui giovani, ma credo che nel mercato di gennaio ci possa essere un rafforzamento significativo”. Frasi sibilline che possono far sperare i tifosi: in fin dei conti il mercato chiuderà ben prima della campagna elettorale.

Christian Pradelli (direttore SpazioMilan.it)