Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. A meno che non si mettano di mezzo false promesse, fiscalisti spagnoli, dichiarazioni e controdichiarazioni, baruffe personali e soprattutto l’inconsapevolezza (vera o presunta) che determinate operazioni di mercato non possano più essere portate a conclusione con successo grazie al “solo” blasone di un club. Ieri erano Real Madrid, Ajax e Milan, oggi sono Manchester City, Bayern Monaco e PSG. E, sia chiaro, non c’è più spazio per il cuore, per il romanticismo, per la speranza che alla fine un giocatore scelga di sposare il progetto di quella società essendone tifoso fin dai suoi primi vagiti. Anche perché, Zlatan Ibrahimovic docet, spesso la “rivisitazione” dell’infanzia cambia colore in base all’opportunità più ghiotta. Tutto questo per dire che cosa? Per focalizzare l’attenzione sul fatto che qualche giorno fa i webtifosi rossoneri, come quelli di SpazioMilan.it, si trovavano di fronte a notizie fuorvianti e ingarbugliate peggio che in un serial televisivo.
Mario Balotelli rescindeva l’affitto della sua casa di Manchester e, d’emblée, la valutazione del suo cartellino si abbassava di 12 milioni di euro, da 37 a 25. Mino Raiola, procuratore “tuttofare” di Mario, volava dallo sceicco Mansour addirittura a proporre la formula del prestito del suo assistito al Milan. Mansour, ricordiamo, inferocito dopo il caso Tevez dell’anno scorso e quindi, immaginiamo, molto disponibile nel recepire una proposta del genere. Tutto questo senza dimenticare l’intricata questione Didier Drogba, pronto a rescindere con lo Shanghai Shenhua ammesso che qualche europea sia disposta ad offrirgli 10 milioni in un anno e mezzo. Milan da vicino a vicinissimo, ma si veniva poi a scoprire che era tutta un’azione disturbatrice per accelerare le trattative da Manchester. E poi, dulcis in fundo, il presidente Berlusconi, nello stesso giorno, spiegava come certi tipi di acquisti ormai non si possano più fare, salvo rivelare qualche ora più tardi alla solita claque affezionata: “Prendo Drogba”. Lapalissiano, insomma.
Come lapalissiano nella sua coerenza, a onor del vero, è stato anche l’atteggiamento di ieri di Andrea D’Amico, procuratore di entrambi i terzini dello scudetto rossonero: Ignazio Abate e Luca Antonini.
Dalle notizie certe sul suo viaggio in Russia per concordare i dettagli del clamoroso passaggio dell’esterno destro allo Zenit, alla scoperta che, in verità, nessuna trattativa c’è mai stata, nessuna volontà si è mai paventata, ma soprattutto nessuno è mai stato a San Pietroburgo. E quindi i casi sono due: o chi ha avuto la “soffiata” ha preso una maledetta cantonata da 2.800 km, oppure il piacere per l’insabbiamento di stampo moggiano sta veramente contagiando tutto il sistema e tutti i suoi interpreti. Peccato che il Milan di oggi, di quella Juve (come, peraltro, di quella di oggi), abbia veramente poco.
Christian Pradelli (direttore SpazioMilan.it)