Milan-Barcellona, ancora una volta. Ormai questa sfida si ripete a cadenza annuale, tanto che al momento del sorteggio, lo scorso agosto, in sala c’è stato più di un sorriso come a dire “non lo sapevamo già?”. Passano le edizioni di Champions League, ma rossoneri e blaugrana si affrontano sempre: a essere diversi, casomai, sono gli interpreti in campo. Si è passati da Savicevic e Romario a Luis Enrique e Shevchenko, fino ad arrivare oggi a Balotelli (appena dopo Ibrahimovic) e Leo Messi. Con giocatori che hanno vestito entrambe le maglie (Ronaldinho su tutti) e nel bene o nel male hanno ravvivato questa sfida. La domanda è: che Barcellona troveranno i rossoneri? Andiamo dunque ad analizzare lo stato dei lavori al Camp Nou, dove per la prima volta dopo cinque stagioni la società ha scelto un allenatore “esterno” per proseguire il suo dominio in Spagna e riprenderlo in Europa.



Otto vittorie e un pareggio, più due vittorie in Champions League e due pareggi in Supercoppa di Spagna, con trofeo alzato: queste le partite giocate dal Barcellona in stagione. 34 i gol segnati, 7 quelli subiti: i numeri rimangono quelli di una schiacciasassi nonostante si fosse detto che ci sarebbe voluto del tempo per assimilare gli schemi del Tata Martino. In campionato, prima dello 0-0 di Pamplona, erano arrivate otto vittorie consecutive: alcune sofferte (il 3-2 al Siviglia, con rimonta subita da 2-0 e gol di Sanchez all’ultimo secondo), altre nette (su tutte, il 7-0 all’esordio contro il Levante), altre ancora con exploit iniziale e controllo del gioco a seguire. I catalani restano una macchina da gol con solidità nel reparto arretrato, ma forse per la prima volta si intravedono delle crepe. 



Appunto. Due cose hanno fatto scalpore agli occhi degli osservatori esterni: il fatto che sia diminuito il celeberrimo tiki taka, e che – conseguenza di ciò – nella partita contro il Rayo Vallecano il Barcellona abbia perso il possesso palla per la prima volta dopo cinque anni. Andando ad analizzare, si scoprono un altro paio di fatti interessanti: intanto, che quella partita i blaugrana l’hanno vinta 4-0, e poi che sarà anche vero che il possesso palla a oltranza non c’è più, ma solo perchè in quanto di amante del gioco verticale il Tata Martino sta cercando di velocizzare la manovra. Ci sono molti più tagli a inizio azione, è comparso qualche lancio lungo dalle retrovie, si cerca di sfruttare la velocità di Neymar sulla corsia mancina. E’ cambiato tutto senza che cambiasse granchè: come abbiamo già detto, il Barcellona resta padrone del campo sempre e comunque. E poi, la prima Champions League di Pep Guardiola è arrivata anche in virtù di un gol, quello di Iniesta che ha eliminato il Chelsea, nato da una palla buttata alta in mezzo all’area di rigore. 



Qui il Barcellona ha più preoccupazioni delle passate stagioni, ed è su questo che Martino sta lavorando. Un anno fa, di questi tempi, se il tiki taka non funzionava la squadra si esponeva al contropiede avversario e rischiava di subire imbarcate. Il Bayern Monaco (ma anche il Chelsea dell’anno precedente, o il Real Madrid nella Liga) hanno dato lo spunto al tecnico argentino per girare qualche vite e cambiare qualche concetto: prima il Barcellona giocava sull’idea difensiva che finchè il pallone fosse rimasto tra i loro piedi non l’avrebbero avuto gli avversari (sublimazione del pensiero di Rinus Michels e Yohan Crujff), oggi si lavora sul concetto di dover comunque affrontare un attacco a difesa schierata. Mascherano in questo rimane il leader assoluto: il suo passato da centrocampista lo rende particolarmente competitivo sull’uno contro uno, mentre Piqué resta un difensore da “recupero”. Chiaro che si subisca di più: certi automatismi non riescono per caso. Tuttavia, si sta migliorando.

Leo Messi è appena rientrato, e tutto il Milan ricorda ancora cosa fosse riuscito a fare nel primo tempo della gara del Camp Nou un anno fa. La Pulce non sta forse benissimo, ma anche così è in grado di fare la differenza e i suoi numeri di inizio stagione lo confermano: 10 partite, 11 gol. Hanno recuperato Pique e Dani Alves mentre resterà fuori Jordi Alba, e poi c’è Neymar: il brasiliano al momento è silente, ha segnato due gol da quando veste la maglia blaugrana e per il momento sembra essersi messo al servizio della squadra, fornendo assist a ripetizione e pensando sempre prima ai compagni. La domanda è: quando vedremo il vero Neymar, che pensa al bottino in prima persona? Altruista lo è sempre stato, qui a differenza che nel Santos deve imparare a giocare sfruttando gli spazi che gli creano i compagni, non solo quelli che lui si disegna con dribbling e invenzioni. Al fianco suo e di Messi, occhio alla scelta di Martino: con Pedro ci sarebbe un giocatore capace di allargare il campo e portar fuori il centrale sul raddoppio, con Sanchez un giocatore molto più da area di rigore e straordinario contropiedista. In mezzo, da valutare le condizioni di Xavi: con lui al 100% la squadra gira in un modo, senza è un’altra cosa. Possibile che sia impiegato Fabregas: un punto di riferimento in meno per i difensori, nel caso.

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