Ogni volta è sempre più difficile: lasciare punti sulla strada in questo modo fa sempre più male. Con la punizione di Parolo, quella barriera che barriera non è e con Gabriel che viene beffato (ma gli uomini in barriera non li sceglie il portiere?) pensi, sì, di aver toccato il fondo, ma ti auguri anche che il peggio sia passato. Perché peggio di così, ora come ora, non può essere. E invece, ogni volta, ti dimentichi che c’è anche il lunedì, che ci sono le ricostruzioni dei giornali quasi sempre imbeccate dalla società. E allora capisci che questa società, la più titolata al mondo, una delle più nobili del nostro calcio, 7 Champions League e una storia di quasi 114 anni, vive attualmente su tre paradossi. Paradosso allenatore: Massimiliano Allegri usa il pugno duro con Mario Balotelli, forse un unicum nella storia dell’attaccante che si trova messo da parte nel momento peggiore della trasferta di Parma. Peccato che, a fine partita, una gara che a un certo punto potevi anche vincere, alle solite parole piatte, vuote, senza acuti, si aggiunga la speranza mercato, la consapevolezza che “a gennaio arrivano sia Rami che Honda“. Come un tifoso adolescente qualunque. Già prima dell’ultima sosta, Allegri aveva auspicato di fare “qualche punto” prima dello stop per le Nazionali. Già, qualche punto. E la sensazione agli occhi di tutti che la squadra in quel momento fosse davvero… in buone mani. Paradosso amministratore delegato: Adriano Galliani è, dal 1986, la vera anima societaria del Milan. Tra geniali intuizioni e clamorosi abbagli, spesso figli di favori agli amici degli amici degli amici, ha condotto in prima persona il Milan in battaglie importanti, in vittorie uniche, ma anche in debacle al limite del tragicomico. E ora quell’amministratore delegato, che è anche vicepresidente vicario, si trova per l’ennesima volta, all’indomani della sconfitta di Parma, ad attaccare la condotta arbitrale nei confronti del Milan. L’unica volta in cui, per attaccarsi alla direzione di gara, bisogna proprio fare un imponente sforzo mnemonico. Molto più semplice ricordare la clamorosa simulazione di Balotelli, indegna delle grandezze del giocatore e della maglia indossata. Paradosso presidente: non c’è e non è più ammissibile. I tempi sono cambiati (anzi, sono passati) e lo sappiamo, ma ricordiamo come circa un anno esatto fa il suo riavvicinamento sia stato determinante nel morale dei giocatori e, probabilmente, nella loro resa culminata con l’impensabile conquista del pass Champions. L’unica differenza rispetto a quegli incontri di fila a Milanello, a quei sabati pomeriggio fondamentali, è che ora tutti sono consci che, tanto, alla fine, l’allenatore è in scadenza, comunque vada l’anno prossimo cambierà tutto. E come biasimarli: in una situazione così incerta, così maledettamente incerta, come si fa a pretendere che i tesserati siano anche motivati?