Di solito funziona così: una squadra (di qualunque sport si stia parlando; andrebbe bene anche un singolo atleta) si impone all’attenzione dei media con ottime prestazioni e vittorie. Propone magari un gioco innovativo, o semplicemente bello e utile, e fa scuola. La squadra viene studiata e analizzata, attira elogi. La si prende a modello di come si debba giocare, come esempio di programmazione e organizzazione, come una matrice che si possa copiare per creare altri episodi simili. Poi succede che la squadra vince ancora. E ancora. E ancora. A quel punto diventa storia e leggenda, riscrive le statistiche e i libri dei record. Non è più una piacevole sorpresa: è una fredda realtà, quando ci si gioca contro si sa di andare a sfidare qualcuno che con novantacinque probabilità su cento ti batterà. Quando questo avviene, ecco la terza parte: se non si è tifosi di quella squadra ci si annoia. “Ma come, vincono sempre loro?”. Per la maggior parte dei casi si tratta di invidia per non poter replicare quelle prestazioni; altri auspicano semplicemente un cambio al vertice delle gerarchie, altri ancora, furbescamente, intuiscono che la moda si è spostata e adesso tira molto di più detestare, contestare, trovare qualunque cavillo per dire che “in fondo in fondo sono anche un po’ noiosi da vedere”. Salvo poi gridare alla vittoria sugli alieni quando si riesce, finalmente, a batterli. Milan-Barcellona di ieri sera è stato questo. Al triplice fischio dell’arbitro Thomson si è assistito ovunque, dai social network alle radio alle televisioni, alla celebrazione dell’anti-blaugrana. Stando sempre bene attenti a farla passare per un’impresa fantasmagorica (altrimenti che gusto c’è?), tifosi rossoneri e non hanno speso fiumi di parole per sostenere come finalmente il nemico sia caduto, sia stato schiacciato, abbia conosciuto il sapore della sconfitta. E parlando di presunzione catalana, di tiki-taka irritante, di boria finalmente sopita, di squadra arrogante caduta dal trono. Quelle stesse persone che – è altamente probabile – solo due anni fa celebravano la vittoria della terza Champions League in sei anni con gli occhi lucidi e i taccuini con il pensiero tattico di Guardiola sotto braccio, pronti a gettarsi nelle conversazioni da bar e non essere impreparati alle domande sul perchè il Barcellona fosse così dominante. Due considerazioni. La prima: il fatto che il Milan abbia battuto i blaugrana va a merito della squadra di Allegri proprio perchè di fronte c’era un grande avversario. Denigrarlo a posteriori non fa che minimizzare l’ottima prova dei rossoneri, come dire che sì, il ci sta tutto ma a ben guardare i catalani non sono poi questi fenomeni. La seconda considerazione: il Barcellona in questi anni ha già perso, e anche più sonoramente di così. Non è stata la prima volta ieri sera, non sarà l’ultima, e arriveranno altre squadre “aliene”, di “marziani”, a scrivere cicli vincenti. Chissà: magari lo stesso Barcellona, che dopo l’esperienza Rijkaard sembrava finito. La terza considerazione: 



Andrebbe spiegato cosa si intende per “squadra presuntuosa”. Ovvero? In che modo una squadra sarebbe “presuntuosa”? Perchè fa migliaia di passaggi di due metri e cerca di entrare in porta con il pallone? Perchè affronta gli avversari a viso aperto provando a superarli con la tecnica e le geometrie? Bisogna intendersi: il Barcellona con questo sistema ha fatto innamorare il mondo e ha vinto tutto, a più riprese; e accetta che con questo sistema si possa anche perdere, esattamente come una squadra provinciale che si difende e riparte. A volte vinci, a volte no. Stessa cosa: i tiri dalla distanza ieri sono anche arrivati, ma la forza del Barcellona sta anche nel fatto che il gioco non si snatura a seconda dell’avversario. Forse i presuntuosi sono altri, magari quelli che insistono con un sistema di gioco che da decenni non ha più riscontri nei risultati. O forse, chissà, gli arroganti sono quelli che vogliono sempre essere dalla parte giusta, pronti a celebrare Messi a ogni serpentina e poi, quando il barcellonismo non fa più fashion, asserire che “dopotutto contro le italiane ha segnato solo tre gol, e su rigore”. Di certo c’è che il gioco dei blaugrana può piacere o meno: è questione di gusti. Che non si dica però che sono presuntuosi: senza questa presunzione, molte delle più belle pagine della storia del calcio e dello sport non sarebbero esistite. E senza l’arroganza di Messi e compagni, l’impresa del Milan di ieri sera sarebbe stata una vittoria come un’altra.



 

(Claudio Franceschini)

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