Vorrebbe, anzi, vuole giocare da punta centrale. Mario Balotelli ha le idee chiare, come sempre. Anche se il nuovo modulo, quel figlio del diktat berlusconiano di Arcore, prevederebbe due comprimari nella sua forma più classica. Ma poi si pensa alle peculiarità del confermato Stephan El Shaarawy, che da sempre predilige la libertà da posizione defilata, e all’arrivo di Keisuke Honda, centrocampista e trequartista ma anche ala rapida ed efficace, per capire che ci sono molte probabilità di rivedere il della scorsa stagione. D’altronde, come diceva Carlo Ancelotti a Kakà nel culmine dell’editto presidenziale che esigeva il trequartista dietro le due punte, “gioca così per i primi 5 minuti, poi torna alla tua solita posizione”. La dimostrazione, dunque, che l’ostacolo può essere tranquillamente aggirato: bastano i risultati, accompagnati dal “bel giuoco”, e nessuno avrà di che ridire. Pochi giorni separano il Milan dalla nuova stagione, dal raduno che porterà ai terzi preliminari di Champions League dell’ultimo decennio: situazioni intricate, costantemente in evoluzione e una rosa che attende nuove limature al grido di “si compra se si vende”. A tal proposito, con la situazione Robinho sempre più intricata e sempre più ricca di protagonisti (dall’avvocato all’agente, passando per la numerosa dirigenza del Santos), resta un grandissimo punto interrogativo legato, facile intuirlo, alla situazione Boateng. Il ghanese, sempre più lontano da quell’esplosione di genio e vitalità che caratterizzò il suo arrivo in rossonero, premia chi pensa che i moduli servano a poco o niente: effettivamente, a tre anni di distanza da quell’operazione mediata dal Genoa dell’amico Preziosi, chi è in grado di definire con esattezza la corretta posizione in campo di Prince? Chi non ha problemi di questo genere è Nigel De Jong, sempre più vicino al ritorno in campo e pronto a guidare con capitan Riccardo Montolivo la nuova mediana impreziosita da Andrea Poli. Si tratterebbe dell’abbozzo di centrocampo più tecnico nella storia del Milan di Allegri: non ci vuole molto, penseranno i maligni (e non solo loro), ma il salto di qualità è evidente. Almeno in potenza. Con buona pace di Mathieu Flamini, che ha pensato erroneamente di essersi guadagnato qualche bonus quando accettò lo scorso anno la drastica riduzione del suo emolumento da 5 milioni di euro a meno di 2. Il classe ’84 ha rifiutato la proposta di prolungamento biennale a 2,7 milioni, chiedendo un triennale da oltre 3,5 milioni. Francamente troppo. Molto più sensato chiudere per il giovane centrocampista della Sampdoria: 3 milioni per la comproprietà e un talento che attende finalmente di esplodere sulla giusta sponda del Naviglio.