Il Milan ha ceduto Kevin-Prince Boateng allo Schalke 04, presumibilmente per fare posto a Keisuke Honda o addirittura a Kakà. Ne vale la pena? Difficile dirlo, il campo è giudice imprevedibile, e l’unico ufficiale. Eppure qualcosa inevitabilmente stona: Boateng ha un anno in meno di Honda e cinque meno di Kakà. Il brasiliano tornerebbe rossonero a 31 anni ricalcando un altro grande ritorno, poi fallito: quello di Andrij Shevchenko. L’usignolo di Kiev, figliol prodigo in nome del Chelsea e di una moglie insoddisfatta, tornò all’ovile dopo un biennio grigio nel campionato inglese. Kakà avrebbe un anno in meno ma tre in più di ruggine alle spalle. Nell’ultima stagione ha giocato 27 partite ufficiali di cui 15 da titolare, e si può concordare sul fatto che abbia perso qualcosa della sua unicità. D’altra parte Adriano Galliani non è un incompetente, il cambio Boateng-Kakà mantiene un suo senso tecnico (fuori un trequartista dentro un altro, idem nel caso di Honda), ma ancora: qualcosa stona, e non solo dal lato in entrata dell’eventuale operazione. Stranisce pensare a Boateng, simbolo -nel bene e nel male- del Milan di Allegri, ceduto dopo una doppietta da trenta milioni di euro. Senza contare che Kakà ritroverebbe una squadra diversa: la dove c’era Nesta-Thiago ora c’è Zapata-Mexes, del “suo” Milan è rimasto il trio Abbiati-Bonera-Antonini. Honda è un giocatore più attuale, per così dire, ma vale Boateng? L’esperienza europea (due anni e mezzo in Olanda, tre in Russia) lo ha reso più forte, ma senza il ghanese il Milan sarebbe da capo, con il solo Matri come aggiunta effettiva ad una squadra bisognosa di qualcosa in più. Non è scontato che il giapponese possa avere lo stesso, decisivo impatto del Boa sulla realtà Milan, poi sfumato in due stagioni più difficili per tutta la squadra. Resterebbe come ritorno oggettivo il dato economico: cedendo Boateng allo Schalke si realizza una plusvalenza di circa 5 milioni di euro (fu acquistato per 7,5, viene liberato a 12). Quelli che chiede il per liberare Honda, mentre più oneroso sarebbe l’investimento Kakà, che non a caso Galliani ha definito ‘difficilissimo’. I dubbi restano ma la dirigenza merita fiducia: negli anni ha saputo governare equilibrando cuore e ragione, valorizzando i patrimoni interni ed acquistando (quasi sempre) nei punti giusti. Il dubbio è che questa volta Galliani potrebbe esagerare in un senso o nell’altro. (Carlo Necchi)