Anche Antonio Di Natale ha commentato il rifiuto di Paolo Maldini a legare il suo nome a quello del Milan. Anche lui è stato una bandiera: 12 stagioni nell’Udinese con 227 gol, e un rifiuto alla Juventus che nell’estate 2009 fece scalpore (“farei tutto allo stesso modo” ha detto Totò). Da uomo di campo che ha legato il suo nome a quello di una singola squadra – pur giocando in altre, per esempio cinque anni a Empoli – Di Natale capisce bene quali siano le ragioni di Maldini nel dire no ai rossoneri e infatti, come riporta Sport Fair, ha dato ragione all’ex difensore. “Paolo ha fatto bene” ha detto l’ex attaccante, allineandosi al pensiero di Fabrizio Ravanelli. “Se hai fatto la storia di un club non puoi accettare semplicemente di fare il pagliaccio. Parole forti quelle di Di Natale, che ha specificato come appunto si senta vicino a Maldini avendo fatto da calciatore un’esperienza simile. “Io ho l’Udinese nel cuore” ha detto Totò “e terrò sempre una porta aperta per questo club”. Con la speranza che la famiglia Pozzo gli dia presto un incarico…



Continuano i commenti sul rifiuto di Paolo Maldini all’ingresso nella nuova società Milan. Un “no”, quello dell’ex capitano rossonero, che ha fatto tanto parlare anche per il lungo post con il quale Maldini ha spiegato i suoi motivi, e che dà luogo a varie interpretazioni. Non ha dubbi Fabrizio Ravanelli, che conosce molto bene Maldini: i due sono stati avversari sui campi della Serie A quando l’attaccante giocava con la Juventus – e in seguito con la Lazio – e hanno anche condiviso un periodo in Nazionale (Penna Bianca ci ha giocato tra il 1995 e il 1998 mettendo insieme 22 presenze e 8 gol). “Il Milan lo ha offeso ha commentato Ravanelli a Fox Sports. Non ha dunque usato mezzi termini l’ex attaccante della Juventus nel commentare la vicenda: secondo lui “il Milan avrebbe dovuto offrirgli un ruolo più importante per quello che ha rappresentato per i colori rossoneri”. Ravanelli dunque si schiera dalla parte di chi sostiene che l’ex numero 3 del Milan abbia usato il buon senso nel dire no alla proposta del Milan, e aggiunge che “ancora una volta Paolo ha dimostrato di essere una persona intelligente”



Il no di Paolo Maldini ad un ruolo dirigenziale nel nuovo Milan è la grande notizia di questi giorni. La proprietà cinese, che ha diramato un comunicato ufficiale nel quale ha marginalmente toccato l’argomento dichiarandosi dispiaciuta per il rifiuto dell’ex difensore rossonero, potrebbe ora chiedere ad un’altra bandiera di entrare nella società. Lo riporta la Gazzetta dello Sport, che sottolinea anche come in caso di chiamata il ruolo sarebbe comunque “minore” rispetto a quello che Marco Fassone aveva in mente per Maldini; il quale si sarebbe occupato dei rapporti tra squadra e società, avrebbe curato l’indirizzo del settore giovanile e, oltre a diventare una sorta di ambasciatore del Milan nel mondo, avrebbe anche partecipato ad alcune trattative di calciomercato (ed è qui che, in particolare, lo storico numero 3 rossonero avrebbe deciso di declinare, trovandosi a suo dire in posizione marginale sulle scelte tecniche). Qualora dovesse arrivare un’altra bandiera, i ruoli a sua disposizione non sarebbero gli stessi: quella figura era stata disegnata appositamente per Paolo Maldini. Chi potrebbe essere ora il nuovo dirigente del Milan? C’è chi ha nominato Massimo Ambrosini: dagli studi di Sky Sport l’ex centrocampista si è limitato a dire che “essere accostati al Milan fa piacere”. Staremo a vedere…

Da ieri è diventato ufficiale il ‘no’ dell’ex difensore alla nuova società rossonera, rappresentata in Italia dall’amministratore delegato in pectore Marco Fassone. Con un messaggio pubblicato sulla sua pagina Facebook ufficiale, Paolo Maldini ha chiarito i motivi della sua decisione, quelli già spiegati nelle interviste concesse di recente. Maldini, cui Fassone ha offerto la carica di direttore tecnico, preferisce una libertà esecutiva maggiore rispetto a quella che il Milan sarebbe disposto a garantirgli.

Sugli sviluppi della questione l’opinione si è divisa in più correnti di pensiero, in particolare La Gazzetta dello Sport in edicola oggi riporta i commenti di due firme storiche, Alessandro De Calò e Carlo Laudisa. Il primo sostiene le ragioni di Maldini e del suo no al nuovo Milan, che ha visto in lui una ‘bandiera da spendere tra i vecchi tifosi italiani, da sventolare sui nuovi mercati asiatici e da issare sul pennone ogni mattina per garantire la credibilità dei nuovi proprietari’. Secondo De Calò la decisione dell’ex numero 3 è legittima, in mancanza di un potere decisione esclusivo. Il giornalista della rosea cita poi esempi di leggende sul campo che oggi lavorano attivamente -ed autonomamente- per le sorti del club d’appartenenza: è stato il caso di Johan Cruijff al Barcellona, mentre oggi abbiamo Jorge Valdano al Real Madrid e Karl-Heinze Rummenigge al Bayern Monaco. La loro competenza e lunga militanza, conclude Alessandro De Calò, rappresentano il collante per unire il calcio-business dei giorni nostri a quello più legato al campo e alla storia delle società, in questo caso del Milan.

Di contro Carlo Laudisa sottolinea come Paolo Maldini non abbia ancora maturato un’esperienza a livello dirigenziale, se non nell’esperienza al fianco di Alessandro Nesta come direttore tecnico del Miami FC. Il giornalista osserva inoltre come nel calcio attuale ci sia sempre meno spazio per gli ‘one man show’, le figure accentratrici alla Adriano Galliani o, per rimanere nell’attualità più stretta, come è stato Walter Sabatini alla Roma. La Juventus può fungere da esempio anche in questo caso, avendo fondato la sua ripartenza dirigenziale sulla collaborazione di squadra tra Giuseppe Marotta, Fabio Paratici e Pavel Nedved. All’Inter, Roberto Mancini ha preferito farsi da parte per motivi probabilmente simili a quelli di Maldini: nel momento in cui il mister ha recepito la sua autorità decisionale offuscata dalla nuova proprietà, ha deciso di cambiare aria.