Il secondo giro di pista gli è stato fatale. E’ semplicemente scivolato. Ma ha tagliato la strada agli altri piloti, che non hanno potuto fare nulla per evitarlo (clicca qui per guardare il video). Così è morto Simoncelli, a soli 24 anni (clicca qui per guardare la fotogallery. I medici hanno detto che sul suo collo c’erano i segni evidenti delle gomme. Quelle delle moto di Edwards e Valentino Rossi – per una tragica ironia della sorte –, suo grande amico. «Un trauma provocato da un’energia cinetica di quella portata, non poteva dar adito a dubbi: era impossibile, purtroppo, che potesse cavarsela» spiega interpellato da ilSussidiario.net, Marco Cenzato, Neurochirurgo e Direttore di Struttura Complessa di Neurochirurgia all’Ospedale Niguarda. All’ospedale, dove è stato trasportato d’urgenza, non c’è stato assolutamente nulla da fare (clicca qui per il ricordo). Era già morto. Il padre, sconvolto dal dolore, ha avuto la forza di chiedere l’espianto degli organi. Ma il fatto che fosse arrivato in arresto cardiaco ha reso impossibile la procedura.
«La rottura del collo può non essere mortale, ma solo se avviene al di sotto di un certo livello», afferma Cenzato, spiegando l’accaduto. «Ma – aggiunge – dalla terza vertebra cervicale in su vengono bloccati i centri del respiro, con il conseguente decesso. Nei filmati diffusi su internet si vede, inoltre, chiaramente, come sia stato colpito da uno moto che andava a trecento chilometri all’ora, mentre il casco gli era volato via. Quindi, oltre alla rottura delle vertebre non escludo un forte trauma cranico». La rottura delle vertebre ha conseguenze gravissime perché in esse è contenuto il midollo spinale. «Attraverso di esso – continua – passano le fibre nervose che controllano il nostro organismo. E’ la struttura nervosa che collega il cervello al resto del corpo, portando informazioni e messaggi in entrambe le direzioni. Le vertebre esistono proprio allo scopo di proteggerlo. E, per l’appunto, dalla terza vertebra cervicale in su, sono contenuti, tra gli altri, i centri di controllo del respiro».
Questo non significa che la rottura dalla terza vertebra in giù non comporti conseguenze. «Quando ci si rompe il collo, a livello più basso, non sempre si muore. Ma si può rimanere tetraplegici. Può anche capitare che la rottura del collo – sempre se avviene al di sotto della terza vertebra – non comporti conseguenze serie. Dipende dell’energia con la quale la vertebra è stata rotta».
Vi è l’eventualità, infatti, che «il danno provocato da certi traumi si limiti alla rottura della vertebra, senza lo stiramento o la deformazione del midollo». Un eventualità abbastanza comune. «In ospedale mi capita di vedere traumi midollari una o due volte la settimana. Ma mai di un’entità come quella dell’incidente di oggi».