Nei paddock di Sepang è sceso un silenzio innaturale. Marco Simoncelli è morto e ora nessuno ha voglia di parlare o di rilasciare dichiarazioni (clicca qui per il parere del medico). Le immagini del tragico incidente (clicca qui per la fotogallery), in cui Simoncelli taglia quasi orizzontalmente la pista e viene travolto dalle moto di Valentino Rossi e Colin Edwards, stanno facendo il giro del mondo e tutti, tifosi, addetti ai lavori e non, sono sconvolti (clicca qui per il video). C’è chi cerca di trovare un responsabile, una causa nell’elettronica o nelle gomme, ma la sensazione più netta è che sia accaduto qualcosa di incomprensibile, che forse non poteva essere evitato. Gli esperti dovranno certamente valutare la dinamica e i fatti legati all’incidente, primo tra tutti la perdita del casco da parte di Simoncelli, che in uno sport praticato a velocità estreme è un fatto che fa riflettere e che gli addetti ai lavori dovranno presto risolvere. Il giovane campione italiano, 24 anni da Coriano (RN), iridato 250 nel 2009, pilota del team Honda Gresini in Moto Gp con una Honda ufficiale, è deceduto in seguito all’incidente che gli è occorso durante il secondo giro del Gran Premio della Malesia in programma oggi a Sepang. Il pilota romagnolo era in lotta per la quarta posizione con la sorprendente Suzuki di Alvaro Bautista quando ha perso il controllo della moto, forse a causa delle gomme dure ancora fredde. Simoncelli era un ragazzo allegro, spensierato, e un grande pilota, su cui la Honda aveva puntato per questa stagione che doveva consacrarlo. Jorge Lorenzo, dopo la notizia del decesso, ha commentato: «In un giorno così non so proprio cosa dire, non ci riesco: solo che ci mancherà tanto. Marco, riposa in pace», mentre Casey Stoner, dopo aver rivisto il filmato, dice di essere stato «malissimo. Ogni volta che il casco vola via è sempre un gran brutto segno». Ancora visibilmente scosso anche Nicky Hayden, che lo ha visto cadere: «All’uscita di una curva gli è scappato il treno posteriore e probabilmente ha cercato di controbilanciare la moto e non ce l’ha fatta. Quando si è uno sopra l’altro c’è poco da fare. Sento un dolore molto forte: in pista siamo tutti fratelli e facciamo parte della stessa famiglia. Marco ci mancherà tantissimo, era un ragazzo molto simpatico ed ora non so cos’altro dire, solo che possa riposare in pace. Sono vicino alla sua famiglia: in momento come questo bisogna esser forti». IlSussidiario.net ha contattato Giacomo Agostini, ex pilota degli anni Sessanta e Settanta, detentore di 15 titoli mondiali e per questo considerato il più grande campione del motociclismo sportivo di tutti i tempi: «Mai si sarebbe potuto immaginare un incidente così. E’ stata una caduta come tante altre, ma la sfortuna ha voluto che la moto proseguisse chiudendo la curva andando a impattare inevitabilmente con gli altri piloti che sopraggiungevano. Probabilmente lo strano movimento della moto di Simoncelli è dovuto dal fatto che la ruota toccava ancora a terra e la forza di inerzia lo ha spinto al centro della pista invece di farlo uscire come accade sempre. Ed è proprio questa la sfortuna più grande, perché se fosse caduto fuori dalla pista come accade nel 99% dei casi, Marco si sarebbe rialzato, si sarebbe ripulito la tuta e sarebbe ripartito.



Un incidente così forse non si può evitare: è stato fatto tanto per i circuiti e si è lavorato molto per aumentare la sicurezza, come anche per quanto riguarda gli indumenti, i caschi, le tute e così via. Il fatto è che quando ti arriva incontro un pezzo di ferro di 150 chilogrammi a 200 Km/h purtroppo non ci sono tante possibilità. Il mondo va comunque avanti e non sono tra coloro che ora vogliono polemizzare, perché nessuno in questa vicenda ha colpa. Nel caso contrario sarei il primo a puntare il dito, ma questo è stato un incidente molto particolare. Quindi si va avanti, perché le tragedie accadono ogni giorno e la vita purtroppo è così: si corre in moto a 300Km/h e oggi comunque c’è molta più sicurezza rispetto a tanti anni fa, anche se ogni tanto purtroppo accadono episodi come questo. E’ un colpo durissimo, e ci si chiede come mai avvengano queste cose, con tutte le cadute che ogni volta avvengono durante le prove, le qualifiche e le gare». Giacomo Agostini conclude l’intervista con un ricordo: «Ho visto Marco recentemente e mi aveva detto di avere la fidanzata a Bergamo, dove abito anch’io. Così mi aveva detto: «Giacomo, ti vengo a trovare, così mi porti a mangiare una pizza». E io gli ho risposto che a Bergamo lo avrei portato a mangiare la polenta con il coniglio o comunque qualche piatto tipico. Questo purtroppo non potrà avvenire, e mi dispiace immensamente».



 

(Claudio Perlini)

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