23 ottobre – 23 novembre. Un mese fa, quella drammatica mattinata in cui gli appassionati di moto si misero a guardare il Gp della Malesia ed invece dovettero assistere alla morte di un ragazzo di 24 anni. Nei giorni seguenti lo spettacolo commovente di una Nazione intera che commemora un ragazzo simpatico, dalla faccia pulita, che era diventato famoso senza snaturarsi e conservando i propri valori. In  quei giorni abbiamo conosciuto una famiglia di grande dignità e carica umana, e i funerali sono diventati un evento nazionale. A un mese da quel giorno, abbiamo intervistato Alex Zanardi, un altro pilota che ha pagato un prezzo alto alla sua passione, ma che ha saputo continuare a vivere e a togliersi grandi soddisfazioni, ultima la vittoria nella maratona di New York con le handbike. A questo proposito, Zanardi ha dichiarato: “Sono proprio fortunato a vivere una vita ancora così bella, devo ringraziare perché posso ancora vivere e fare delle scelte, fare quello che mi piace anche se in un modo diverso. Ancora più bello di vincere a New York è uscire tutti i giorni ad allenarsi per realizzare una mia passione, a prescindere dal risultato, che poi quando arriva naturalmente ti gratifica. Spero di poter essere un punto di riferimento per altre persone nelle mie condizioni, come io ne ho avute subito dopo l’incidente”. Di seguito, ecco invece il suo ricordo di Marco Simoncelli, in esclusiva per IlSussidiario.net.



Cosa ha provato quando ha saputo la notizia? Naturalmente un senso di dispiacere enorme, quel senso di ingiustizia che si prova quando muore un ragazzo di 24 anni.

Dopo però abbiamo assistito ad alcuni giorni incredibili, in cui tutta l’Italia si è stretta attorno a Marco e alla sua famiglia. Perché, secondo lei? Marco era una persona meravigliosa, lo conoscevi e sembrava subito un tuo grande amico, sempre solare e spontaneo: una persona felice, consapevole di essere fortunata perché aveva fatto della sua passione il suo lavoro, e quindi disponibile anche per far sorridere gli altri.



Condivide il modo in cui il mondo del motociclismo l’ha ricordato? Sì. Era giusto andare avanti, anche per rispetto del pubblico, e perché i piloti sanno quali rischi corrono, ma il minuto di “casino” è stato davvero il modo migliore per ricordare un ragazzo come Marco.

Anche la sua famiglia ha impressionato tutti.

Sì, e d’altronde una persona come lui doveva per forza avere dietro di sé una famiglia unita e positiva, che in quei giorni ha dimostrato una dignità davvero incredibile.

Secondo lei che insegnamento ci ha lasciato il Sic?

Ha dimostrato a tutti che si può ancora fare strada nella vita in modo pulito e corretto, come d’altronde fanno tante persone “normali”, nel senso migliore del termine.



Può spiegare meglio questo concetto?

Ci sono davvero tante persone che amano quello che fanno nella vita, e che amano le persone per cui lo fanno. Penso a tutti quei padri e quelle madri che fanno grandi sacrifici per la propria famiglia e per l’avvenire dei loro figli. Certo, colpisce tutti quando a lanciare un messaggio positivo è una persona giovane, famosa e carismatica. In questo modo, il messaggio lo possono cogliere tutti, non solo chi lo conosceva, e quindi può diventare un bell’esempio per ciascuno di noi.

Cosa direbbe ai suoi familiari, se li potesse incontrare?

Vorrei semplicemente abbracciarli per manifestare loro la mia stima per quello che è stato Marco e per come si sono comportati loro. Niente parole, sanno loro quello che avrebbe detto Marco se potesse ancora parlare. Comunque, Sic ha vissuto 24 anni in cui ha fatto quello che gli piaceva, e tante cose belle: una vita eccezionale, che è valsa la pena vivere anche se troppo breve.

 

(Mauro Mantegazza)