Il minimo che ci si possa chiedere è: perché? Perché una gloria del nuoto italiano, che può vantare titoli mondiali e un podio olimpico, come Filippo Magnini ha deciso di autodenunciarsi in flagrante violazione del Codice sportivo antidoping? Di questo infatti si tratta. Se fai diffondere da un ex compagno di nazionale come Edoardo Giorgetti un video in cui ti alleni nella piscina coperta dell’Aquaniene e lo confermi poi personalmente sui tuoi profili social con una dichiarazione e un video mentre fai pesi nella palestra della stessa struttura, significa che vuoi rendere di dominio pubblico un’azione che, codice alla mano, ti porterebbe a una ulteriore squalifica. Gli articoli 4.12.1 e 4.12.2 delle Norme sportive antidoping (versione 1/2018) infatti, seppure scritti male, vietano a un atleta squalificato di allenarsi in un Centro sportivo gestito da una società affiliata a un firmatario del Codice Wada quale è il Circolo Canottieri Aniene. E questo a due settimane dall’udienza del Tribunale nazionale Antidoping che il 2 aprile valuterà il ricorso del nuotatore contro la discussa squalifica di 4 anni incassata a novembre.
E’ difficile pensare di avere a che fare con uno sprovveduto e allora qual è la ragione di questo comportamento di Magnini? Una sfida alla Procura antidoping, che tra l’altro ha presentato anch’essa ricorso, avendo ottenuto solo la metà della squalifica richiesta? Viste le polemiche seguite all’udienza di novembre, dove Magnini parlò di “irregolarità” nel processo e alle pesanti affermazioni attribuite dall’ex nuotatore al procuratore Laviani, sarebbe il caso che Magnini desse l’autorizzazione a rendere pubblica l’udienza del 2 aprile.