Il tentato blitz di M5s sull’intervento del Genio militare nell’emergenza-strade di Roma ha avuto vita brevissima. Probabilmente non riemergerà dalla discarica parlamentare degli emendamenti abortiti nel cantiere della manovra 2019. Ma resta pur sempre un “tentato atto di governo”, ricco di spunti di riflessione sull’attualità politica.



In sé non è politicamente bizzarro o scandaloso che il partito di maggioranza relativa nel Paese — architrave della maggioranza di governo — si preoccupi di un’emergenza reale nella capitale del Paese (retta, certo, da un’amministrazione pentastellata). Non è neppure del tutto fuori dalla realtà un’interpretazione particolarmente estensiva dei compiti nelle forze armate nel fronteggiare gravi calamità di rilievo nazionale; oppure — al netto del gioco di parole — uno sviluppo inedito della strategia “strade sicure” che vede già impiegato l’esercito.



Il corto circuito scatta tuttavia inevitabile allorché la legge di bilancio dello Stato — il principale strumento di governo — viene chiamato a stanziare in via breve 240 milioni perché l’amministrazione della Difesa rattoppi le buche delle vie di un singolo comune, per quanto il più popolato fra gli oltre 8mila nel Paese. Domande e questioni sono molteplici. Alcune elementari: perché centinaia milioni dal fisco statale tutti e solo per le strade di Roma e non — magari — per la viabilità-accessibilità di Moncenisio (To), Morterone (Lc)  o Montelapiano (Ch) tutti sotto i 100 abitanti? Anzi: sono proprio micro-comuni montani dalla fiscalità locale inesistente che ci s’immagina strutturalmente bisognosi di lavori pubblici finanziati dall’esterno. Invece ad essere in allarme rosso è il più grande comune italiano: il quale è peraltro da anni in dissesto conclamato anche se non dichiarato. Una vicenda che non è qui il caso di approfondire nel merito: sono anni che l’amministrazione capitolina si regge su leggi “Roma Capitale” piuttosto che su finanziamenti della Cassa depositi e prestiti dalle incerte prospettive di rimborso.



Il punto è ancora una volta politico: perché cinque giorni fa il comune di Catania ha dovuto infine dichiarare bancarotta (non prima di aver allargato il buco di bilancio a 1,6 miliardi) mentre il Campidoglio sembra too big to fail? Anche New York è fallita negli anni 70: perché Roma no? Perché Virginia Raggi ha accettato la candidatura e poi l’elezione a sindaco se il bilancio del comune era irrimediabilmente fuori controllo? E perché ieri si è fatta notare per un improvvido tweet di giubilo?

Un secondo tema è solo apparentemente burocratico. Ammesso e non concesso che l’emergenza-Roma meriti 240 milioni dai contribuenti italiani, perché indirizzarli senza gara verso il Genio militare? La Difesa potrebbe veramente fornire “a prescindere” i migliori lavori pubblici sulle strade di Roma (e tendenzialmente anche sullo smaltimento rifiuti)? E le imprese private che normalmente lavorano in concorrenza a questi appalti? E l’Anac non avrebbe nulla da dire? Il caso Roma è fra l’altro contemporaneo alla stretta finale sull’assegnazione dei lavori di ricostruzione del Ponte di Genova al gruppo Salini: sotto la regia del sempre più discusso titolare delle Infrastrutture, il pentastellato Danilo Toninelli. Un ministro sempre più nel mirino anche per la gestione politico-amministrativa del dossier Tav. Quale approccio ha M5s ai “lavori pubblici”? Se Roma può ricorrere al Genio militare per le strade, un domani gli alpini potrebbero partecipare ai lavori per le Olimpiadi invernali 2026 fra Milano e Cortina? E perché allora tanto scandalo, solo pochi anni fa, quando il governo Berlusconi progettava di trasformare la Protezione civile di Guido Bertolaso in una cabina di regia per grandi opere e grandi eventi?  

Tornando a Roma, il ministero della Difesa — cui l’emendamento assegnava 240 milioni addizionali — è Elisabetta Trenta: un capitano della riserva, arruolato da M5s attraverso la Link University, sposata con un ufficiale a lungo addetto al servizio armamenti del ministero. Al ritiro dell’emendamento — correva voce ieri — non sarebbe stata estranea un’opposizione subito emersa in forma trasversale nelle forze armate, dagli alti gradi fino alle rappresentanze sindacali del “popolo con le stellette”: ma perché tanto disagio oggi di fronte a un “impiego speciale” — adeguatamente compensato — delle forze armate in linea di principio non diverso da una missione di pace? Per di più poche settimane fa la Guardia costiera aveva mostrato umori opposti quando il vicepremier leghista Matteo Salvini aveva picconato gli interventi salva-migranti nel Canale di Sicilia: per anni sovrafinanziati da governo e Ue.