Il fulmine a ciel sereno della primavera calcistica risponde al nome di Claudio Lotito, imprenditore classe 1957 e presidente della S.S. Lazio. Colui che voleva costruire il nuovo stadio biancoceleste tra i prati di Valmontone (a 50 chilometri dalla Capitale) e che nel 2008 profetizzò: “Zarate vale quanto Messi”. Ai posteri l’ardua sentenza. Oggi il patron del club capitolino è tornato alla carica col suo bagaglio di grinta e dichiarazioni guadagnandosi nuovamente le luci della ribalta. Nel giro di poche settimane ha infatti tirato fuori diversi conigli da un cilindro quantomai capiente.



Ultima, in ordine di tempo, la scelta provocatoria di far disputare le partite europee della sua Lazio nella prossima stagione allo stadio Artemio Franchi di Firenze. Alla base della clamorosa svolta fuori regione c’è un contenzioso economico tra il club di Formello e il Coni per il pagamento dell’affitto dello stadio Olimpico. In ballo ci sono circa 2 milioni di euro non versati alle casse del Comitato Olimpico Nazionale presieduto da Gianni Petrucci. E allora ecco il colpo di scena che ha ben presto fatto il giro di web e giornali: ottenuto il placet dall’impianto fiorentino, Lotito ha indicato l’Astemio Franchi come impianto per le competizioni europee al fine di ottenere la licenza Uefa. Peccato che per la serie A la Lazio dovrà comunque giocare tra le mura “amiche” dell’Olimpico, circostanza che obbligherà Lotito a firmare quell’assegno per il Coni.



Ma c’è dell’altro. Dopo la simpatica trovata della task force, evocata per controllare le condotte arbitrali fino al termine della stagione, il patron laziale ha ripreso in mano la forca nel post-gara di Lazio-Juventus, terminata 0-1 tra le polemiche biancocelesti per un presunto rigore non concesso ai danni di Floccari . “Ricordo un fatto molto semplice – dichiara il presidente – al tempo di Tangentopoli, qualcuno diceva ‘sento un tintinnio di manette’; qui non si tratta più di verificare se ci sono errori. Qui si tratta di capire come avvengono certi fatti e se questi sono determinanti ai fini del cambiamento delle situazioni”. Allusioni e accuse velate con la classica tecnica del “vedo, non vedo” che hanno scatenato un polverone mediatico tale da convincere il procuratore federale Stefano Palazzi a convocare Lotito.



 

I dubbi del patron laziale nei confronti del “sistema” e i richiami alla giustizia che lui stesso potrebbe impugnare, avvalendosi della magistratura ordinaria (quindi extra-calcistica) hanno fatto storcere il naso a tanti colleghi e dirigenti del pallone. Sorvolando sul no comment (evidentemente seccato) di Adriano Galliani, è trapelato invece il malumore dei cugini giallorossi invischiati insieme alla Lazio nella corsa all’ultimo posto Champions che, giova ribadirlo, garantisce introiti per 20 milioni di euro. Moralità o interessi? Il direttore operativo della Roma non ha dubbi: “siamo di fronte a un battage mediatico fatto in modo chirurgico per mettere pressione” e incalza Lotito: “deve portare le prove di quello che dice”.

 

Nel frattempo il presidente biancoceleste ha assestato un sonoro schiaffo alle big e tra le mura ovattate della Lega Calcio dove, in veste di capobanda delle 15 società medio-piccole di serie A, ha ottenuto un’importante vittoria sul calcolo dei bacini di utenza dei sostenitori di ciascun club ai fini della ripartizione dei 250 milioni di euro provenienti dalla vendita dei diritti televisivi. In tal modo le grandi (Juve, Inter, Milan, Roma e Napoli) andrebbero a perdere 10-15 milioni al contrario delle piccole che potrebbero addirittura raddoppiare gli introiti. Robin Hood e giustiziere, il numero uno biancoceleste fa piangere i ricchi e si prepara a sgambettare i cugini giallorossi in campionato. “Il pallone è per tutti, il calcio è per pochi”, parola di Claudio Lotito.

 

(Marco Fattorini)