CAOS CALCIOSCOMMESSE: LE PAROLE DI DEMETRIO ALBERTINI

È scoppiato il caos calcioscommesse, che rischia di diventare un tristissimo leitmotiv di questo periodo: è cominciato con l’autodenuncia di Nicolò Fagioli, poi sono arrivati i nomi di Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo, quindi Fabrizio Corona, che li sta snocciolando uno a uno (così parrebbe, per ora) ha fatto anche quello di Nicola Zalewski. Non sarà magari come il Totonero degli anni Ottanta, ma è comunque qualcosa di altrettanto grave: ne ha parlato anche Demetrio Albertini che, intervistato da Fabrizio Biasin su Libero, ha rimarcato come rispetto alla vicenda di 40 anni fa le cose siano diverse, ma comunque si tratti di un problema che è stato sottovalutato.



Albertini è stato molto onesto nel rimarcare che anche lui, nella categoria dirigenti, ha le sue colpe: “Si è fatto molto poco, non c’è stata educazione al problema”; ha detto che nessuno fa fare un percorso a questi ragazzi, e che in Italia “si tende sempre a nascondere la polvere sotto il tappeto”, ma bisognerebbe iniziare a prevenire piuttosto che arrivare a parlarne dopo. Qual è il motivo di tutto questo? Difficile dirlo: è un discorso forse troppo ampi e complesso. Albertini ha comunque una sua idea: “Tra social e internet le probabilità di sbagliare aumentano, soprattutto in mancanza di una vera educazione.



COME AIUTARE I CALCIATORI

Non che si dica che i ragazzi di oggi sono ingenui, ma sicuramente hanno più tentazioni: l’ex centrocampista del Milan ricorda per esempio che a Milanello erano consentiti ping pong o biliardo, nemmeno le carte, e che “non avevamo la cosiddetta finestra sul mondo”. Solo che appunto, il problema è molto complesso: la mancanza di educazione, la possibilità di depressione. “Si ritrovano con una montagna di soldi a 20 anni, una marea di ‘lupi’ attorno e non sanno nemmeno come si apre un conto in banca”. Da qui, la possibilità di essere indotti in tentazione, anche solo per sfuggire a questo mondo: Albertini è netto, chiaramente riconosce che regole e sanzioni codificate siano necessarie e vadano applicate (al netto di dover ancora definire la vicenda nei suoi termini reali e concreti).



Dall’altra parte, anche che “non bisogna farsi prendere dalla voglia di colpevolizzare prima del tempo”, con la consueta abitudine a godere delle disgrazie altrui. I calciatori di oggi sono aziende, aziende nelle aziende: secondo Albertini, “i procuratori, gli agenti, l’entourage, sottovalutano queste cose che invece sono importantissime”. Ovvero, l’utilizzo dei social che può dare un percepito totalmente diverso da come una persona è in realtà. Insomma: d’accordo usare il bastone in caso di errori, ma ci vorrebbe sempre anche la carota per capire davvero come si possa arrivare a qualcosa di simile e, nel caso, in che modo intervenire perché del calcioscommesse si possa parlare solo come di un brutto ricordo, ma superabile o superato.