Armando Izzo rivela: “Ho simulato un infortunio per non essere coinvolto in una combine“, riaccendendo così i riflettori sul triste fenomeno del calcioscommesse. Come riferisce il quotidiano napoletano ‘Il Mattino’, il difensore del Torino e della Nazionale Armando Izzo ha rivelato questo fatto rispondendo alle domande del sostituto procuratore antimafia Maurizio De Marco nell’ambito del processo su scommesse calcistiche e camorra nel Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli. Dobbiamo tornare indietro di quasi sette anni: infatti, in occasione della partita Modena Avellino di Serie B del 17 marzo 2014 il giovane Izzo, che allora vestiva la maglia della squadra irpina, non scese in campo. Davanti al sostituto procuratore il calciatore oggi granata ha spiegato il perché, svelando dunque una situazione davvero torbida, per non essere coinvolto nella quale il difensore aveva appunto simulato un infortunio. Izzo quel giorno rimase in panchina per tutta la gara suscitando le ire dei tifosi irpini, dato che l’Avellino si stava giocando i play-off. Il difensore peraltro non ha mai riferito del finto infortunio alla giustizia sportiva, ma solo per evitare intoppi, negando comunque qualsiasi responsabilità dal punto di vista penale e sportivo anche ai magistrati.



ARMANDO IZZO: “INFORTUNIO SIMULATO PER EVITARE UNA COMBINE”

Armando Izzo ha raccontato di essere stato contattato, quando era a Secondigliano a casa della mamma, dal collega calciatore Luca Pini (come lui indagato in questo procedimento) che faceva anche il gioielliere, il quale gli doveva consegnare alcune collane per moglie e figlie. Insieme con un’altra persona i due si incontrarono in un ospedale dove però c’erano anche Umberto e Antonio Accurso, ritenuti elementi di spicco della camorra di Secondigliano e parenti di Izzo, insieme con altre persone. Sentendo “puzza di bruciato” in particolare proprio per la presenza dei due Accurso, il calciatore oggi al Torino ha riferito di avere preso un taxi e di essere andato via dopo una sorta di approccio. Izzo, infine, ha anche ricordato di un altro approccio avvenuto diversi anni prima, quando era a Trieste, anche questo però andato a vuoto: “Giocai tutte le partite di andata prima di andare in B. Vennero da me, mi dissero che volevano truccare le partite, io dissi solo che volevo fare carriera, negando il mio contributo: fu allora che pensai alla promessa fatta a mio padre e alla mia infanzia nel lotto g”.

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