La Lega ha incassato due vittorie nell’ultimo Consiglio dei ministri: l’autonomia differenziata e il ponte sullo Stretto di Messina. Due progetti che possono dare una spinta al Sud. «È semplicemente il segno dell’interesse del Nord per lo sviluppo del Mezzogiorno», assicura Roberto Calderoli, ministro per l’Autonomia nell’intervista rilasciata a La Stampa. Nello specifico, il ponte sullo Stretto «non è una marchetta», ma un progetto che, oltre a produrre lavoro e ricchezza, «risolverebbe il problema dell’insularità della Sicilia». Senza ignorare il fatto che la crescita del Più del Sud può far crescere anche il Nord. «Il resto lo farà l’Autonomia», assicura il ministro Calderoli. Comunque, dopo il via libera in Cdm non ha festeggiato, anzi ha cominciato a percepire addosso il peso della responsabilità. A tal proposito, ricorda che l’Autonomia è prevista dalla Costituzione, quindi realizzarla è un modo per rispettarla. «Fino ad oggi, tutti se ne sono fregati. Io non voglio farlo».



La prossima fase è quella della definizione e approvazione dei Livelli essenziali di prestazioni (Lep), con cui stabilire diritti civili e sociali. Nel frattempo, il disegno di legge comincerà il suo cammino in Parlamento, «ma senza avere prima i Lep, non si potranno aprire le trattative con le Regioni per l’Autonomia». Ci sono già dei ministri che hanno dato riscontri: «Non era scontato, ma dai ministeri più pesanti sto già ottenendo risultati». Roberto Calderoli però ci tiene a mandare un avvertimento ai colleghi di governo: «Se qualcuno iniziasse a fare melina e io dovessi capire che non vuole andare avanti per una questione di mantenimento del potere, allora vorrebbe dire che ho sbagliato governo. A quel punto, mi alzerei e me ne andrei».



CALDEROLI “AUTONOMIA NON DIVIDERÀ L’ITALIA”

Roberto Calderoli evidenzia un altro aspetto legato alla Costituzione, il principio che ne è alla base, cioè la sussidiarietà. «La funzione pubblica deve essere gestita dal livello più prossimo al cittadino». Questo vuol dire che non era sufficiente stabilire i Lep e finanziarli, senza procedere con l’Autonomia. Con le competenze definite, i cittadini potranno controllare e giudicare il lavoro di comuni, province e regioni sulla base delle spese e dei servizi garantiti. «Adesso, al contrario, lo Stato ci impone di pagare le tasse, ma non ci dice quali diritti deve offrirci in cambio». Il ministro per l’Autonomia precisa poi a La Stampa che non c’è l’intenzione di trasferire tutte le competenze. «Qualcuna sarà meglio che la tenga lo Stato, qualcun’altra gli enti locali; di volta in volta si valuterà con il governo e il Parlamento». Tra quelle trasferibili, comunque, c’è l’istruzione, per scelta della sinistra. Una scelta che Calderoli non condivide, infatti la definisce «folle».



Riguardo i timori di una divisione in Italia, il ministro passa al contrattacco: «Mi dicano dov’è, nel testo, l’articolo o il comma con cui si vuole dividere il Paese e lo correggo. Finora nessuno è stato in grado di indicarmelo». L’Autonomia, peraltro, è importante anche per colmare lo storico gap tra Nord e Sud. Chi la contesta al Sud è un «egoista» per il ministro, visto che «ci sono 12 regioni del centronord che danno più di quello che ricevono e altre 8 regioni che invece ricevono più di quel che danno». Inoltre, si manca di rispetto ai meridionali perché c’è la possibilità di crescere. Infine, Calderoli non teme le minacce di un referendum per abrogare l’Autonomia dopo l’approvazione: «Nove regioni mi hanno chiesto l’Autonomia differenziata, ed equivalgono al 72% della popolazione delle regioni a statuto ordinario. Ho anche il voto favorevole di tutte le regioni a statuto speciale. E sono convinto che le quattro regioni del Pd hanno dovuto votare contro solo perché gli è arrivato un messaggio dal partito, ma due di queste erano d’accordo sull’autonomia, solo che non possono dirlo, altrimenti Elly Schlein va su tutte le furie».