Nemmeno un mese è trascorso da quando ci siamo occupati su queste colonne di una fortissima ondata di calore sul Canada Occidentale e gli Stati Uniti nord occidentali. Pensavamo per caso che fosse ormai passata l’emergenza o che fosse soltanto delimitata a quei luoghi remoti? Non credo, ma, se così abbiamo pensato, ci siamo sbagliati di grosso. Eccoci, infatti, ad ascoltare notizie di temperature record nel nostro Sud con una presunta punta massima di 48.8℃ a Floridia in provincia di Siracusa. In realtà, la rete ufficiale dell’Aeronautica Militare ha misurato una temperatura massima di 44.4℃ a Sigonella e non si può parlare di record assoluto come è stato scritto. Comunque sia, l’ondata di calore è massiccia, non ci sono dubbi. Cosa sta succedendo? L’allarme nelle persone è massimo e la richiesta di rassicurazione pressante.
Ancora una volta partiamo dai fatti per non correre il rischio di snocciolare opinioni che lasciano il tempo che trovano. Se esaminiamo la mappa di previsione della temperatura a 2 m dal suolo emessa alle ore 03:00 UTC del 11 agosto (05:00 locali) dal modello di previsione Moloch del mio Istituto (CNR-Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima) e valida per le 12:00 UTC (14:00 locali), capiamo immediatamente che sta succedendo qualcosa di eclatante. I modelli riescono tranquillamente a prevedere un’ondata di calore di queste proporzioni. Ciò significa che c’era da aspettarselo, giusto?
La risposta è sì e per varie ragioni che proviamo a spiegare. La prima è di natura meteorologica. Siamo in estate e l’anticiclone (quello che viene chiamato “Lucifero” sui giornali) staziona stabilmente per buona parte del tempo sul Mediterraneo. Infatti, se navighiamo su internet e cerchiamo traccia di situazioni simili negli anni passati, vediamo che già negli anni scorsi abbiamo assistito a rialzi termici di questo tipo, per esempio nel 2019. La causa è l’anticiclone (cioè la zona di alta pressione atmosferica associata a condizioni di bel tempo ed elevata insolazione) di origine africana che tra luglio e agosto si spinge verso nord sul Mediterraneo e interessa il nostro Paese, soprattutto le regioni meridionali.
Vediamo la situazione attuale nella mappa barica (da 3Bmeteo) in cui l’alta pressione (A) spinge l’aria calda africana verso il nostro Paese e l’anticiclone raggiunge le latitudini dell’Europa centro-orientale. In questo modo le basse pressioni (B) sono sospinte sempre di più verso nord e l’insolazione è massima nella zona del Mediterraneo centrale. La successiva mappa mostra invece le previsioni per sabato 14 agosto in cui la situazione di ondata di calore permane sul sud Italia e a nord sono previsti temporali localmente anche intensi sui rilievi. Quindi, in buona somma, l’ondata di calore è non solo caratterizzata da temperature molto alte, addirittura record, ma anche da una lunga durata.
Tutto “normale” dunque? Se è già successo nel 2019 e se il quadro fenomenologico è quello di una situazione meteorologica estiva, allora non ci dobbiamo preoccupare, giusto? No, purtroppo non è così. Veniamo infatti alla seconda ragione per cui ci dovevamo attendere questa situazione di estrema ondata di calore. Stiamo parlando del clima che cambia. Sì, ma cambia in che modo, visto che la situazione è “normale” nei nostri cieli estivi?
La risposta la trovate in un’interessante analisi riportata su MeteoGiuliacci che mostra come l’anticiclone africano si sia spostato più vicino al nostro Paese di circa 500 km verso nord rispetto a 50 anni fa. L’analisi si bada sulle analisi dei dati di lungo periodo del mese di agosto in due periodi: 1972-79 e 2011-20. L’isolinea nera a 5800 che rappresenta il fronte avanzato dell’alta pressione si è infatti spostata dal centro Italia nel periodo 1972-1979 alle latitudini del centro Europa (Slovacchia e Polonia del sud). Perché mai succede questo? La ragione sta nello spostamento verso nord della cella di circolazione atmosferica tropicale (cella di Hadley) dovuta al riscaldamento del pianeta. Questo spostamento verso nord e l’inclinazione dell’asse dell’anticiclone da sud-ovest a nord-est rendono massimi gli effetti sulle nostre regioni del Sud.
Quindi, non c’è proprio nulla di “normale”, dopo tutto. Ciò che preoccupa i climatologi non è che accadano fenomeni di questo genere, ma che siano sempre più intensi, più frequenti (cioè più probabili in termini statistici) e più lunghi di quanto non succedesse in passato. È uscito nei giorni scorsi il 6th Assessment Report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sullo stato del clima. Se lo andiamo a consultare, vediamo che fenomeni come quelli di cui stiamo discutendo sono ben previsti dai modelli climatici e il Mediterraneo rappresenta ciò che viene definito un “hot spot” climatico, cioè una di quelle regioni del pianeta nelle quali i cambiamenti climatici avranno gli effetti maggiori. Le ondate di calore sono soltanto uno dei possibili scenari e altri se ne possono elencare quali le alluvioni (quelle in Belgio e Germania di qualche settimana fa, per esempio, ricordate?), la mancanza d’acqua (desertificazione e siccità), il regime mutato delle precipitazioni e tanto altro, purtroppo. Il cambiamento climatico non è da pensare come un evento futuro, ma è già qui ed è qui per restare. Ciò che dobbiamo fare è cercare di modificare le nostre abitudini per adattarci a questi estremi sempre più frequenti.
Parlando del calore di questi giorni e delle sue cause, non possiamo non occuparci brevemente anche di fenomeni a vasta scala che interessano purtroppo molti nostri concittadini. Tra gli effetti più preoccupanti di queste ondate di calore estreme e molto prolungate c’è sicuramente l’inaridimento dei suoli e soprattutto delle foreste. Va da sé che i terreni aridi si trasformano in un teatro molto favorevole per lo sviluppo di incendi dolosi oppure no. Una volta sviluppato un focolaio, questo sarà estremamente difficile da delimitare e controllare e in questo modo vanno in fumo migliaia di ettari di boschi e coltivazioni preziose, come quelle dell’olivo in Calabria e Sicilia di questi ultimi giorni.
Naturalmente non è soltanto un problema del nostro Paese e la mappa del Fire Information for Resource Management System (FIRMS) della National Aeronautics and Atmospheric Administration (NASA) emessa il 12 agosto lo dimostra chiaramente: sono riportati nella mappa tutti gli incendi su scala globale attivi nelle 24 ore precedenti. A parte l’Africa equatoriale e l’Amazzonia, che ci aspettiamo di vedere molto ben rappresentate, salta immediatamente agli occhi ciò che sta succedendo nel nostro meridione. Vediamo che la situazione è decisamente drammatica. Lo scenario apocalittico, capite bene, è reale e ci dobbiamo attendere che si verifichi sempre più spesso, come le cronache degli ultimi anni stanno a dimostrare.
In conclusione, di chi è la colpa? A qualcuno o qualcosa dobbiamo pur darla! La colpa è delle variazioni climatiche naturali e dei fenomeni naturali (ondate di calore, alluvioni, temporali intensi e così via), che ci sono sempre stati. Tuttavia, non crediamo di cavarcela tanto facilmente… A queste variazioni climatiche è sovrapposta una tendenza all’aumento delle temperature globali negli ultimi anni che sta procedendo a una velocità mai verificatasi prima. Stiamo assistendo a un riscaldamento globale anomalo e noi esseri umani siamo sicuramente almeno in parte responsabili attraverso l’emissione in atmosfera di gas clima-alteranti. Occorre averne la consapevolezza ogni volta che ci lamentiamo del troppo caldo o di altre faccende simili e poi accendiamo il condizionatore.
Mi direte: e che dobbiamo fare? Dobbiamo soccombere sotto i colpi della calura? Lungi da me raccomandare una cosa simile. In ogni caso, ricordiamo che per accendere un condizionatore dobbiamo avere energia elettrica che è prodotta in qualche modo. Nel nostro Paese proviene da fonti idroelettriche, ma soprattutto da centrali a combustibili fossili. Chiaro il concetto? Pensiamoci ed entriamo nell’ordine di idee di essere maggiormente sensibili ai problemi climatici.
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