Prima dell’inizio di quest’anno scolastico, nello stato americano della California è stata proposta una legge – che deve ancora essere approvata e firmata dal governatore Gavin Newsom prima di entrare ufficialmente in vigore – per vietare l’uso di alcuni coloranti alimentari nei pasti servivi nelle mense scolastiche e nei prodotti disponibili all’interno delle macchinette considerati – tra non poche critiche da parte del mondo scientifico, ma ci arriveremo – dannosi per la salute dei bambini e potenzialmente collegati allo sviluppo della cosiddetta ADHD; ovvero quello che da noi si chiama disturbo da deficit dell’attenzione e dell’iperattività.



A proporre la legge in California è stato il consigliere democratico Jesse Gabriel che avrebbe fatto riferimento ad un recente studio condotto Environmental Health Hazard Assessment Office californiano che ha associato ad alcuni coloranti un rischio maggiore di sviluppare l’ADHD: i coloranti finiti sul banco degli imputati sono – facendo riferimento alle classificazioni americane dell’FDA – il giallo numero 5 e 6, il blu 1 e 2 e il verde 3 presenti in caramelli, merendine di vario tipo, patatine e marmellate; e che al contempo in Italia e in Europa sono scarsamente utilizzati e talvolta associati ad una dicitura che ne riporta i presunti “effetti avversi sull’attività e l’attenzione dei bambini”.



Le critiche alla norma contro i coloranti alimentari della California: “È contraria alle indicazioni scientifiche”

La norma varata in California – come dicevamo già in apertura – è stata complessivamente ben recepita ed accolta e potrebbe diventare concretamente legge (fermo restando il via libera del governatore) non prima del 2027; ma dall’altra parte sono state anche diverse le critiche, con parte del mondo scientifico preoccupato che una tale misura potrebbe generare un vero e proprio panico tra i consumatori che non è (di fatto) suffragato dalla letteratura accademica concorde del presunto rischio aumentato, ma – al contempo – anche del fatto che difficilmente i coloranti vengono usati e consumati in quantità tali da causare veri problemi per la salute.



Oltre al mondo scientifico – che include al suo interno anche la stessa FDA – contro il divieto proposto in California si è espressa anche l’Associazione dei consumatori americana secondo la quale un approccio di questo tipo rischia di ridurre drasticamente la scelta di alimenti nelle scuole californiane (che sarebbero le uniche negli States a dover rispettare la norma) e di causare un aumento dei costi a carico delle famiglie e delle imprese; queste ultime costrette a rivedere interamente il loro paradigma produttivo.