Ieri i mercati europei hanno chiuso in negativo dopo le prime ipotesi di nuovi lockdown in Germania e in Austria; tra i settori che hanno reagito peggio, a conferma dell’origine del problema, si sono distinti quelli legati ai trasporti e al turismo: compagnie aree, aeroporti, servizi di ristorazione hanno subito cali superiori agli indici azionari. Il mercato evidentemente fino a ieri assumeva che i lockdown fossero una cosa del passato anche grazie alla campagna vaccinale. L’unica questione che rimaneva da risolvere è quanto tempo ci sarebbe voluto per ritornare ai livelli del 2019. 



È inutile, a questo punto, ribadire quanto siano impattanti per le attività economiche e l’economia in generale le chiusure; l’equivoco è sempre quello di pensare che si possano mettere in naftalina interi settori dell’economia senza che ci siano conseguenze di medio-lungo periodo. Le Banche centrali possono sicuramente continuare a immettere liquidità e i Governi possono usare la leva fiscale e espandere il debito; è uno schema che si paga con l’inflazione. Questo però è solo metà del problema e nemmeno quella più grave. La distruzione di capacità produttiva, il blocco delle attività produttive mette in crisi le catene di fornitura e in ultima analisi la produzione di beni e alla fine si traduce negli scaffali vuoti. 



Spegnere la produzione, facendo morti e feriti tra le imprese, e poi riaccendere la domanda provoca traumi di lungo periodo; nessuna impresa si sogna di investire in uno scenario di questo tipo. Negli Stati si generano istinti di sopravvivenza che portano all’accaparramento delle scorte e che mettono in crisi le strutture di produzione globale. 

Il movimento di ieri ci ha detto un’altra cosa. I lockdown come strumento per combattere la pandemia potrebbero essere una vicenda soprattutto europea: le borse europee hanno chiuso molto peggio di quella americana, l’euro è arrivato ai minimi contro il dollaro dalla primavera del 2020 e ha sfondato il livello di 1,05 contro il franco svizzero per la prima volta dal 2015. Non è andata meglio al cambio con la sterlina inglese con l’euro che viaggia vicino ai minimi degli ultimi cinque anni. Eppure il tasso di vaccinazione dell’eurozona è significativamente superiore a quello americano e in linea o leggermente superiore a quello inglese. 



Si apre un dibattito che sembrava essere chiuso: i lockdown che dovrebbero salvare vite o “l’economia”; “l’economia” è un termine fuorviante che nasconde i problemi sociali e le conseguenze del calo degli standard di vita. L’altro dibattito che si apre è quello sul supposto cinismo di chi invece decide di non intraprendere questa via.

È presto per fare previsioni e la lista di quelle sbagliate, dai virologi di grido in giù, è piuttosto lunga. L’unica conclusione che si può tirare è che un rischio che il mercato sembrava aver definitivamente escluso e ritornato nel radar e che l’Europa in questo contesto è un soggetto particolarmente fragile. Per essere all’altezza delle sfide geopolitiche che si moltiplicano avere un’economia in salute è una condizione necessaria. L’alternativa è cedere ai ricatti e rimanere indietro nella competizione.

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