E così l’inflazione finalmente sta calando. Grazie all’azione “distruttiva” delle banche centrali, che col rialzo dei tassi hanno depresso l’economia, sembra che i grandi banchieri, e i Governi che li hanno lasciati fare, abbiano fermato la crescita dell’inflazione che ora inizia a calare.
Ma fu vera gloria? O si tratta della classica “vittoria di Pirro”? Come ho spiegato diverse volte in passato, ora ci troviamo nel classico “vicolo cieco” della politica monetaria, dal quale non è possibile uscire con le regole dell’attuale architettura monetaria, poiché il rialzo dei tassi provoca inevitabilmente l’aumento dei debiti pubblici e porta e al rialzo delle tasse insieme al taglio delle spese di Stato in un contesto nel quale imprese e famiglie soffrono perché anche loro devono fronteggiare il rialzo del costo dei debiti, dei mutui e dei finanziamenti.
A questo bisogna aggiungere che la bizzarra idea che si possa contenere l’inflazione alzando i tassi (mentre la relazione tra tassi e inflazione è molto più complicata e articolata) in questo caso particolare funziona molto poco perché l’inflazione attuale non è determinata da un eccesso di moneta, ma da fattori esogeni (i costi dell’energia) che non possono essere controllati da una maggiore o minore emissione monetaria.
Non voglio certo negare l’eccesso di moneta, quella è evidente. Anzi, l’eccesso di moneta procurato dalle stesse banche centrali in tutti questi anni è una parte grossa del problema: è la presunzione ottusa e in qualche modo puerile di risolvere qualsiasi problema di natura finanziaria stampando moneta. I mercati finanziari entrano in crisi nel 2000? Si stampa moneta. Ritorna in crisi nel 2007? Si stampa moneta. C’è la crisi del debito degli stati nel 2013? Si stampa moneta. C’è la pandemia e si ferma l’economia? Si stampa moneta. Scoppia la guerra? Si finanzia con una stampa aggiuntiva di moneta.
Poi ci vengono a dire che mancano i soldi per la sanità, per l’istruzione, per le pensioni, per gli investimenti, ecc.
Le polemiche seguite ai cosiddetti “extraprofitti delle banche” sono sacrosante, ma sono solo la punta dell’iceberg, sono la superficie del problema, sono solo i sintomi del malanno. Il cuore del problema è semplicemente che tutta l’attuale architettura finanziaria e monetaria, fondata sulla moneta emessa a debito, non è sostenibile.
Faccio un esempio concreto. Il prezzo del petrolio, a causa della guerra e delle politiche energetiche scellerate (italiane ed europee) si è alzato furiosamente fino a 96 dollari al barile. Poi è arrivato il rialzo dei tassi oltre a nuovi contratti che cercano di sostituire il petrolio a basso prezzo che arrivava dalla Russia e ora il prezzo è calato fino agli attuali 75 dollari al barile.
Ma i Paesi dell’Opec sono contenti? Per nulla. Quindi, hanno già attuato dei tagli alla produzione per rendere la merce più scarsa e quindi mantenere alto il prezzo del greggio. Inoltre, hanno annunciato ulteriori tagli per il prossimo anno, per rialzare di nuovo il prezzo.
Cosa possono fare le banche centrali di fronte a queste scelte? Nulla, assolutamente nulla.
Il robusto rialzo dei tassi di questo ultimo anno ha portato a una devastazione dell’economia molto più grossa dei benefici presunti apportati da un contenimento dei prezzi. Ha portato semplicemente a una contrazione della produzione e dei consumi, per cui alla fine il danno sarà generalizzato, anche per chi vende a prezzi più alti, perché comunque tale presunto guadagno sarà azzerato dal successivo calo dei consumi.
Allo stesso modo, gli extraprofitti delle banche saranno consumati totalmente dal calo delle transazioni economiche, con la differenza catastrofica che gli extraprofitti sono dipesi da una fase temporanea, mentre il calo delle transazioni sarà una situazione strutturale.
Finirà male, inevitabilmente.
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