Il 7 luglio 2022 è stato pubblicato un rapporto del Consiglio d’Europa che mette in evidenza come ci siano diversi Stati membri in cui non esiste ancora il riconoscimento legale del cambio di genere, mentre altri Paesi Ue hanno fatto passi avanti in termini di superamento dei limiti d’età per poter cambiare sesso. Tra questi ultimi c’è anche l’Italia, in cui esistono misure legali e amministrative che assicurano la possibilità di un cambio legale di genere. Il Rapporto chiede che si possa cambiare sesso senza alcuna restrizione in tutta Europa, superando anche il limite d’età, per poter dare la possibilità a tutti, minori compresi, di scegliere la propria identità di genere; abolendo l’obbligo a un intervento medico, come la sterilizzazione, prima di cambiare sesso e rimuovendo l’obbligo di mettere F o M per l’identificazione sui documenti. Obiettivo: arrivare al pieno riconoscimento legale del genere scelto da una persona per garantire il rispetto dei diritti umani e civili delle persone lgbt e salvaguardarle da discriminazioni e violenze omofobe.
Contemporaneamente su alcuni quotidiani, come il Foglio e la Verità, sono comparse le dichiarazioni di David Bell, ex presidente della British Psychoanaytic Society, che ha lanciato l’allarme sulle conseguenze nei bambini del cambiamento di sesso, sostenendo che mancano dati scientifici in proposito. Secondo l’ex dirigente della Tavistock Clinic di Londra, la più grande clinica inglese specializzata nel cambio di sesso dei minori, si tratta quasi sempre di un’azione ideologica e violenta, di cui il bambino non ha alcuna consapevolezza, soprattutto in merito alle conseguenze a cui va incontro.
La Tavistock Clinic di Londra e l’appello di David Bell
Gli interventi per il cambiamento di sesso sono attuati nei casi di Disforia di genere, che viene definita come uno stato di sofferenza secondario all’incongruenza tra l’identità di genere e il genere assegnato alla nascita. Gli adolescenti con Disforia di Genere sono descritti come psicologicamente e socialmente più vulnerabili, soprattutto quando attraversano i primi stadi dello sviluppo puberale. Distinguere tra una fisiologica difficoltà a riconoscere ciò che accade nel loro corpo e soprattutto nel guazzabuglio delle loro emozioni non è facile per gli adolescenti, soprattutto nelle fasi iniziali del loro sviluppo sessuale. Considerare questa sorta di disagio frequentissimo tra gli adolescenti come un quadro patologico che richieda interventi anche di natura chirurgica richiede una diagnosi ad alta complessità e un’adeguata prudenza, prima di intervenire sul corpo, ma anche sulla mente e su tutta la psicologia di questi ragazzi, così disorientati.
David Bell, mentre era ancora presidente della British Psychoanaytic Society, aveva lanciato l’allarme sulle conseguenze a cui andavano incontro i bambini sottoposti precocemente al cambio di sesso, nella Tavistock Clinic di Londra. Il suo Rapporto non era stato affatto bene accolto dalla Clinica e gli era costato un’azione disciplinare che lo aveva obbligato a dare le dimissioni. Data la gravità dei fatti, il disagio e la sofferenza dei bambini, per Bell è diventata una questione di coscienza, che lo ha impegnato a rivolgere un appello, sottoscritto da molti altri colleghi e pubblicato sul settimanale francese le Point e sul settimanale belga le Soir. L’Appello è stato sottoscritto da femministe come Elisabeth Badinter, filosofi come Remì Brague, politologhe come Chantal Delsol, e da altri intellettuali come Didier Sicard, ex presidente del Comitato nazionale di Bioetica in Francia, ecc. Tutti personaggi ben noti nei rispettivi Paesi.
Nell’Appello si legge: “Noi scienziati, medici e studiosi delle scienze umane e sociali, facciamo appello ai media per presentare studi seri e scientificamente accertati, riguardanti il cambiamento di genere dei bambini… Bambini e adolescenti vengono esibiti in programmi con i genitori per mostrare quanto sia benefico il cambiamento di genere, senza che nessuno esprima la minima riserva o fornisca dati. Gli scienziati critici vengono insultati. Questi programmi ripetitivi hanno lo scopo di indottrinamento sui giovani e i social lo accentuano. Ci opponiamo fermamente all’affermazione che uomini e donne siano semplicemente costrutti sociali. Non puoi scegliere il tuo sesso e ce ne sono solamente due”.
L’appello di Bell punta a denunciare tre cose molto concrete: prima di tutto l’abuso a cui sono sottoposti molti bambini che non sono in grado di dare il loro consenso, anche perché non sono in grado di comprendere pienamente le informazioni che comunque vengono date loro. In secondo luogo, la strumentalizzazione mediatica con cui questi ragazzi, bambini e adolescenti, vengono esposti in un’operazione di marketing, che propone acriticamente e senza contraddittorio qualcosa di estremamente rischioso. In terzo luogo, la totale mancanza di rispetto per opinioni e punti di vista diversi sul piano scientifico, sociale e psicologico, secondo la logica per cui si afferma un pensiero unico demonizzando e ridicolizzando chi si azzarda a fare domande o a porre critiche che mettono in discussione l’assioma di partenza.
Il Cnb e il dibattito in Italia sulla Triptorelina
Nel marzo 2019 in Italia ci furono forti polemiche dopo la decisione con cui l’Aifa aveva inserito la Triptorelina, utilizzata nei casi di disforia di genere a carico del Ssn. Si trattava di un farmaco utilizzato per bloccare lo sviluppo sessuale di un ragazzo o di una ragazza, ancora indeciso rispetto al suo orientamento sessuale, in attesa che prendesse le sue decisioni su ciò che effettivamente voleva essere: maschio o femmina. Il Comitato nazionale di bioetica (Cnb) aveva allora approvato l’uso off-label della triptorelina a condizioni molto prudenti e circostanziate per le situazioni di adolescenti con disforia di genere (DG). Il 2 marzo 2019 venne pubblicata sulla GU la decisione dell’Aifa, che introduceva la triptorelina nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Ssn, per l’impiego in casi selezionati in cui l’identità di genere (disforia di genere) venisse confermata dalla diagnosi di un’equipe multidisciplinare e specialistica e l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non fosse risolutiva.
Anche allora furono quotidiani come il Foglio, la Verità e Avvenire a mettere fortemente in discussione il provvedimento, proprio sulla base di un’effettiva carenza di studi clinici circa gli effetti a lungo temine del farmaco. A oggi mancano ancora quegli stessi studi clinici scientificamente fondati ed è difficile affrontare il problema con una prospettiva di medio-lungo tempo.
In Senato la XII Commissione venne chiamata a dare un parere in merito e di fatto aveva avviato un ciclo di audizioni, bruscamente interrotto dall’irrompere del Covid-19 con la relativa pandemia. Di fatto il Parlamento non è mai riuscito a esprimersi sull’intera vicenda, perché nel frattempo le decisioni sono state prese in altri ambiti e contesti e in Parlamento non è mai stata presentata una relazione su di una questione così delicata. Ma il pressing sui bambini e sugli adolescenti continua, come conferma l’attuale Rapporto del Consiglio d’Europa pubblicato a Strasburgo pochi giorni fa e il rischio di trasformare la classica crisi dell’adolescenza, con le sue ansie e le sue insicurezze in una sindrome di disforia di genere, sembra sempre in agguato, mentre la prudenza dei clinici specialisti, degli psicologi e degli stessi genitori non sarà mai eccessiva.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.