I laburisti d’Inghilterra vorrebbero abolire la Camera dei Lord, “reliquia” del retaggio feudale della Gran Bretagna. L’annuncio è stato dato nella giornata di ieri da Keir Starmer, leader dell’opposizione di sinistra, che ha appunto spiegato che, in vista delle prossime elezioni, nel caso in cui il suo partito dovesse conquistare la fiducia (cosa molto probabile), abolirà appunto la Camera dei Lord, ramo non eletto del Parlamento di Westminster. «Ritengo che la Camera dei Lord sia indifendibile — ha detto di Starmer alla Bbc —. Chiunque vi dia uno sguardo avrebbe difficoltà a dire che deve essere mantenuta. Dunque vogliamo abolirla e rimpiazzarla con una Camera eletta», composta da regioni e nazioni che compongono il Regno Unito.



L’abolizione della Camera dei Lord è solamente una delle misure contenute in un rapporto di ben 155 pagine, che l’ex premier laburista Gordon Brown ha confezionato negli ultimi due anni, e definito, come si legge sul Corriere della Sera, «il più grande trasferimento di poteri via da Westminster», una manovra costituzionale che intende dare maggiori poteri a Scozia, Galles e alle autorità locali.



CAMERA DEI LORD, I LABURISTI VOGLIONO RIMPIAZZARLA MA GIA’ TONY BLAIR…

Fra gli obiettivi di Starmer, anche quello di far funzionare la Brexit, escludendo quindi un ritorno nel mercato europeo, cosa che sembra senza dubbio più raggiungibile rispetto all’abolizione della Camera dei Lord. Come fa notare il quotidiano di via Solferino, già in passato ci aveva provato, inutilmente, Tony Blair, che riuscì comunque a ridurre i componenti della stessa Camera a 92 membri ereditari, che vanno ad aggiungersi ai rappresentanti della Chiesa anglicana e ad una sorte di “senatori a vita” della Gran Bretagna.



In totale è composta da circa 800 membri, e per i critici rappresenta solamente un inutile orpello. C’è comunque chi la difende, come l’ex ministro conservatore Simon Clarke, secondo cui abolirla sarebbe «una totale stupidità», in quanto rimpiazzandola con una seconda Camera elettiva si finirebbe per «minare fatalmente il primato dei Comuni» e porterebbe ad una paralisi istituzionale come quella che sperimentano negli Stati Uniti.