“L’esito della votazione ha un valore politicamente relativo, nel senso che la sua efficacia non sarà definitiva. Il governo non arriverà lontano”. Ne è convinto Calogero Mannino, ex ministro Dc, mentre osserva scoraggiato lo sviluppo di una crisi di governo che non si è mai formalmente aperta, ma che ha indotto Conte, davanti alla sfiducia politica di Italia viva, a riferire in aula e a porre la questione di fiducia. Ieri il primo passaggio, quello alla Camera, dove il governo passa con 321 sì, 259 no e 27 astenuti. Il presidente del Consiglio ha parlato per 55 minuti, toccando, tra l’altro, il tema della legge elettorale (il governo “si impegnerà a promuovere un impianto di riforma elettorale di impronta proporzionale”) e quello dei rapporti con gli Usa (la presidenza Biden, ha detto il premier, “rafforza il progetto del governo”). Non ha mai nominato Renzi. Nel frattempo le trattative per allargare la maggioranza continuano. Oggi tocca al Senato.
Un valore politicamente relativo, lei dice. Ne è sicuro, Mannino?
Sì, perché è molto probabile che Conte varchi la soglia del numero minimo per avere la maggioranza. Il punto è che si è aperta comunque una crisi politica alla quale Conte non è sembrato voler rimediare solo perché ha trovato qualche altro numero nella conta.
Dove sbaglia secondo lei il capo del governo?
Ha fatto un errore di impazienza. Ha risposto con esasperazione a un esasperato Renzi che ha avuto gioco a rilevare i limiti dell’azione di governo. Il presidente del Consiglio avrebbe dovuto recepire la critica, razionalizzarla e rilanciare, trasformandola in una svolta propositiva. Senza personalizzare, senza instaurare un clima da resa dei conti.
Difficile aspettarsi altrimenti.
Conte, che certamente ha letto Confucio, avrebbe dovuto ricordare uno degli Analecta: “la mia via è cogliere l’unità che fa da filo conduttore”.
Questo è Conte. Ha fatto come con Salvini nel 2019.
Ma questa non è politica. Conte è il capo del governo. Se avesse dato corda lunga a Renzi, avrebbe fatto emergere i suoi limiti, nel senso che il leader di Iv non ha una maggioranza alternativa da proporre. E se il Pd non è disponibile a dare la testa di Conte, non v’è neppure la possibilità di cambiarlo, il presidente del Consiglio.
Ci spieghi meglio.
Renzi è stato l’autore di questo governo, non può essere l’artefice della sua liquidazione. Nel senso che non può e non ha da proporre un cambio della maggioranza.
E perché?
Perché non ha alternativa. Non può allargare questa maggioranza, poteva solo logorarla ed è quello che ha fatto. Va detto che ha fatto un’azione meritoria, perché il governo, come hanno detto ripetutamente alcuni esponenti del Pd chiedendo un “cambio di passo”, si sta rivelando totalmente inadeguato. Le circostanze sono drammatiche, ma il governo non funziona adeguatamente neppure a volergli dare l’attenuante delle enormi difficoltà della situazione.
Facendo come lei dice, Conte avrebbe dovuto ammettere gli errori del governo.
Era l’unico modo per sbloccare la situazione. Nel governo ci sono tanti ministri verso i quali c’è questa o quella critica da fare, ma si impongono alcuni punti fondamentali. L’organizzazione della difesa anti-Covid mostra troppe debolezze e vere e proprie défaillances. Arcuri dovrebbe soltanto attuare decisioni tempestive, invece ha di fatto sostituito il ministro della Salute e questo è inconcepibile.
L’altro punto?
Il conflitto con le regioni mostra una grande fragilità, oltre che contraddizioni e debolezze di concetto del governo centrale.
Se l’operazione responsabili è di corto respiro, sarà la pandemia a far cadere il governo?
Questo non so dirlo. Resta il fatto che quando anche i numeri fossero garantiti, ci sono della falle fondamentali. Su tutte la gestione della politica economica. Se il ministro dell’Economia funzionasse davvero, tutto il problema del Recovery Plan non ci sarebbe stato. Ci sono voluti mesi per scoprire che esiste il Cipe, le pare possibile? In più Conte ha ritenuto di potere attribuire alla presidenza del Consiglio compiti che non le spettano. Alla fine larga parte delle richieste di Renzi hanno trovato ingresso nella bozza finale che circola attualmente.
Nei palazzi romani si respira un clima di sfiducia, anche dovuto al modo con cui Conte ha gestito la partita dei responsabili: facendo ricorso ad alti prelati, a rapporti del suo mondo professionale di provenienza e perfino dei Servizi.
Credo che queste notizie non abbiano riscontri oggettivi. E non penso che uomini di un’arma come la Guardia di finanza possano assumere iniziative di natura indefinibile. Lo stesso vale per i nostri Servizi, che sono uno strumento al servizio delle istituzioni tutte. Uno uso politico anche di singole prestazioni introdurrebbe forti elementi di perplessità.
Infatti la delega sui servizi di intelligence mantenuta in capo a Palazzo Chigi resta una forte anomalia. Conte ha dichiarato di volerla cedere.
La delega dovrà andare ad una personalità politica che di per sé sia degna di fiducia. Ma bisogna essere chiari. Conte non può affidarla ad un suo deputato o senatore, deve andare ad un politico autorevole e indiscusso.
Ma che cosa dire di quanto accaduto finora?
La neutralità nei corpi separati dello Stato o dei Servizi è una condizione assoluta della democrazia. Abbiamo le ferite del ’92 non ancora sanate e non è accettabile che se ne aprano altre.
Come commenta la gestione di questa crisi da parte della presidenza della Repubblica?
Direi semplicemente che il Presidente della Repubblica ha avuto una linea di condotta sempre ossequiosa della Costituzione e ispirata dalla prudenza personale.
Come giudica il fatto che il Pd guardi pacificamente alla prospettiva di un allargamento della maggioranza come la strada da seguire?
Il Pd tira le somme di un errore fondamentale. Non avrebbe dovuto fare questo governo, ma chiedere seriamente il voto, accettando il rischio di mettere gli italiani di fronte alle proprie scelte.
A quali scelte si riferisce?
Se rimanere convintamente in Europa o se lasciarsi prendere dalle tentazioni populistiche e sovranistiche.
Che immagino lei mi dirà essere quelle di M5s e Lega.
Dirò di più. Quando ancora oggi M5s rifiuta l’uso del Mes, mostra un risvolto anti-europeo che non è mai venuto meno. È un problema che Conte si vedrà ripresentare tempo qualche mese al massimo.
Da chi?
Dalla situazione in cui versa il nostro debito pubblico. La Bce non potrà acquistare i nostri titoli di stato all’infinito. I partiti dovranno dividersi, pro o contro le soluzioni prospettate. E qui c’è un equivoco: non è vero che solo la Lega è euro-scettica, lo sono anche i 5 Stelle. Con la differenza che lo sono all’interno della maggioranza. Non si può dire che la maggioranza con M5s è filoeuropea e poi contrapporsi a tutti gli altri.
È proprio quello che Conte ha fatto alla Camera…
Non risponde a logica politica. Anche la Lega si troverà posta di fronte al dovere di chiarirsi davanti agli elettori. Soprattutto al ceto imprenditoriale del Nord che la sostiene. E che non pensa di uscire dall’Europa.
Quale sarà il destino del governo Conte dopo questa crisi?
Potrebbe avere i numeri ma non reggere politicamente all’urto dei problemi: pandemia, crisi economica e gestione finanziaria. Il debito è stato accresciuto in modo esorbitante. E presto i nodi verranno al pettine. Conte fa un errore a credere che pandemia e pregiudiziale o veto contro la Lega siano condizione di sicurezza per durare.
Secondo lei è da escludere la possibilità delle elezioni entro il semestre bianco?
No. Di questo passo potremmo essere costretti a votare in tarda primavera, quindi prima.
Secondo Renzi è impossibile. Glielo ha garantito qualcuno?
Non lo so, ma assumiamo che ci sia questa impossibilità. In tal caso Pd ed M5s dovranno tornare a discutere con Renzi. Come vede, torniamo all’errore iniziale di Conte.
(Federico Ferraù)