Quindici anni, tanto è durato l’abbandono traumatico di Cameron Blake dal suo amato violino. Quindici anni di sofferenza, dovuta agli abusi psicologici di un professore di musica che, di fatto, lo hanno allontanato dallo strumento, nonostante il diploma conseguito al Conservatorio della Grand Valley University, Michigan.



“Il mio corpo andava in pezzi” ha ricordato recentemente Blake al magazine universitario “non riuscivo a far vibrare le corde. Suonavo sempre peggio”.  

Lo scorso anno, da una ricerca online, Blake apprende che quel professore era morto, proprio in quei giorni. La scomparsa di quello che per lui era stato, ed era ancora in quel momento, un mostro terribile, muove in lui una leva psicologica, lo porta a riconsiderare la propria vicenda e il rapporto con quell’uomo, non più mostro ormai, e con il violino. E, soprattutto, con sé stesso, con i propri limiti di musicista. “Ho imparato ad avere rispetto, ad onorare le mie imperfezioni. E così, ora suono meglio di quanto abbia mai suonato prima”.  



Lo scorso 5 giugno Cameron Blake si è esibito, per la prima volta in 15 anni, in concerto per pianoforte e violino. Repertorio classico, Bartok, Copeland, Korngold e altri ancora, ripartendo proprio da dove aveva lasciato, dai giorni del Conservatorio. Una liberazione, letteralmente, personale ed artistica che ha condotto al nuovo lavoro discografico, Mercy For The Gentle Kind, EP di 6 brani in uscita il 26 agosto sulla piattaforma Bandcamp.

E così come in Fear Not e nel successivo Censor The Silence, album nei quali Blake si è reinventato in una dimensione polifonica ed intima insieme, rivestendo i testi spiritualmente carnali di grondante materia sonica mercuriale e catartica, le 6 nuove composizioni di Mercy For The Gentle Kind, complice la ritrovata comunione con l’espressività del violino – protagonista dell’apertura spoken word di Tenderness, con la voce di John Berger da un podcast di 20 anni fa, di Cricket Waltz e di una traccia ancora, di cui diremo – si ammantano di un nuovo respiro, ampio e lirico, lenitivo e compassionevole.



L’apice, per chi scrive, già nel secondo brano, Red Rose, il cui testo è ispirato dalle Elegie Duinesi di Rainer Maria Rilke. Qui il canto di Blake trasfigura i sembianti letterari divenendo, esso stesso, puro strumento, sul crinale di una piccola tempesta d’archi. E insieme, la grazia leggiadra del three steps Cricket Waltz, dove i demoni fanno pace con l’imperfezione dell’esecutore (sì, suonerò il violino mentre la nave sta affondando), e il romanticismo urbano di Blue Note (la sento arrivare dalla radio, è Trane che sta suonando il sassofono, mi sta tagliando sino alle ossa).

 E giusto prima della traccia conclusiva, quella che titola l’EP, oscura love song misericordiosa e indulgente dalle ardite curve melodiche, ecco l’atto di guarigione definitivo, la Sicilianne, composizione settecentesca per piano e violino attribuita a Maria Theresia Von Paradis, che Blake conduce, finalmente e di nuovo, con il proprio violino. E lo fa con grazia infinita.

Mercy For The Gentle Kind,  nemmeno mezz’ora, ma di assoluta e perfetta bellezza.