La procura di Genova ha chiuso le indagini sulla morte di Camilla Canepa, la studentessa di 18 anni di Sestri Levante deceduta nel 2021 dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca a causa della Vitt, la rara trombosi cerebrale associata a livelli di piastrine basse e scatenata dall’iniezione di preparati a base adenovirale. L’atto di conclusione degli accertamenti è stato notificato nei confronti di 5 dipendenti del pronto soccorso di Lavagna, dove la giovane si era recata due volte prima del trasferimento all’ospedale di Genova. Quattro sono accusati di omicidio colposo in quanto, secondo la procura, non avevano seguito le procedure regionali previste in caso di Vitt, che erano entrate da poco in vigore. L’accusa sostiene che, se il protocollo fosse stato seguito correttamente, con alta probabilità la paziente sarebbe sopravvissuta.



Inoltre, i cinque indagati sono accusati anche di falso ideologico dal momento che nelle cartelle non avevano scritto che a Camilla Canepa era stato somministrato il vaccino contro il Covid. Ora gli indagati hanno 20 giorni di tempo per decidere di farsi interrogare, presentare documenti o depositare memorie difensive. Gli inquirenti sostengono che le responsabilità riguardino solo questi aspetti, non nel via libera generalizzato agli “open day” vaccinali, aspetto che era stato al centro dell’inchiesta sulla morte della studentessa di 18 anni per mesi.



MORTE CAMILLA CANEPA, POTEVA SALVARSI CON DIAGNOSI DI VITT

Camilla Canepa si vaccinò volontariamente nel 2021 a Chiavari in occasione di uno degli open day promossi dalla Regione Liguria dopo l’autorizzazione del Comitato tecnico scientifico (Cts). Giorni dopo era andata in un pronto soccorso a Lavagna per cefalea e fotofobia. Sottoposta a Tac cerebrale ed esame neurologico, fu dimessa con entrambi gli esami negativi. Tornata in pronto soccorso con deficit motori, stavolta fu trasferita al San Martino di Genova, ma la lotta dei medici per salvarle la vita si rivelò inutile: il 10 giugno morì. Subito emersero delle criticità: ad esempio, la prima Tac fu eseguita senza liquido di contrasto, nonostante le linee guida dicessero il contrario.



La procura di Genova contesta a quattro indagati di non aver provveduto «all’effettuazione di tutti gli accertamenti diagnostici previsti dal protocollo terapeutico elaborato da Regione Liguria per il trattamento della sindrome da VITT (Vaccine-induced immune thrombotic thrombocitopenia), che aveva colpito la ragazza dopo l’infusione della dose vaccinale». Per i pm Stefano Puppo e Francesca Rombolà, questi esami avrebbero permesso «di formulare la corretta diagnosi della patologia insorta e di adottare tempestivamente il trattamento terapeutico che, con elevata probabilità, avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere». Questa l’ipotesi accusatoria da sottoporre al vaglio di un giudice terzo.