MONS. CAMISASCA E L’EUROPA SENZA ANIMA
Da un’Europa senza anima ad una California della Silicon Valley dove si stanno decidendo le sorti della cultura “di massa” dei prossimi decenni: sono principalmente questi gli allarmi lanciati da un attento osservatore del mondo culturale e sociale come Monsignor Massimo Camisasca, Vescovo emerito di Reggio Emilia e fondatore della Fraternità di missionari di San Carlo Borromeo. Nella sua lunga intervista a “La Verità” una settimana dopo le elezioni politiche in Italia, il già membro della CEI per le migrazioni ammette di aver sbagliato in pieno la previsione sull’affluenza in crescita per il voto: «più che una previsione era un auspicio. Che gli italiani, in un momento così drammatico del Paese, convenissero sull’opportunità di esprimere attraverso un voto la propria fiducia verso l’uno o l’altro dei contendenti. La sfiducia verso la politica ha radici sempre più profonde».
Una sfiducia sull’elemento culturale e morale della classe politica (che però rischia di essere specchio assai fedele della società in quanto tale, ndr) ma anche una convinzione ormai sempre più radicata non solo in Monsignor Camisasca: «la consapevolezza che le decisioni vengono prese altrove, nei centri di potere finanziario, tecnologico e comunicativo che stanno in California o comunque altrove piuttosto che in Italia». Proprio sul Vecchio Continente arriva la sentenza più dura del Vescovo emerito di Reggio Emilia: «Dobbiamo lavorare per un’Europa che rispetti la pluralità delle culture e delle diverse anime. Al contrario di ciò che accade oggi: abbiamo un’Europa senz’anima, o meglio la cui anima è il denaro e il commercio coperti dalle battaglie ideologiche per i diritti».
MASSIMO CAMISASCA: “LA CALIFORNIA E IL TOTALITARISMO DEL POLITICAMENTE CORRETTO”
Un problema di Europa ma un problema ancora più radicale sulla comunità stessa: «siamo tutti un po’ più poveri», ammette Mons. Camisasca mettendo in fila le emergenze che si sono sommate negli ultimi anni, dalla pandemia all’economia fino alla guerra e al crollo energetico. Lo scopo della Chiesa, chiarisce benissimo il sacerdote, non è certo il «rispondere ai bisogni degli uomini», quello è appannaggio della politica. Semmai la Chiesa, spiega Camisasca, «ha una grande possibilità di educare le persone» e può svolgere «la missione decisiva per aprire i cuori degli uomini al riconoscimento della presenza di Dio nella storia personale e sociale, quindi alla carità». Come già detto più volte dall’attento osservatore della cosa pubblica in Italia, «se Dio scompare dallo schermo della vita, tutta l’umanità ne è radicalmente impoverita».
Ma un problema tutt’altro che secondario è quello della cultura “di fondo” che rischia di travolgere tutto e tutti proprio nell’abolire la presenza di Dio e pure limitando l’espressione di un pensiero libero e critico su qualsivoglia tema. «La forma democratica di governo è in difficoltà in molti paesi. Questo esige una riflessione profonda: cosa può la democrazia nei confronti della globalizzazione? Io sono convinto che il governo democratico abbia ancora molte opportunità, ma deve essere ripensato alla luce del totalitarismo culturale-finanziario che oggi sta apparentemente vincendo», sottolinea con preoccupazione Massimo Camisasca sempre a “LaVerità”. Anche in merito alla guerra in Ucraina la Chiesa con Papa Francesco va “controcorrente” alla stessa narrazione di Ue e Usa: «Le parole del Papa sono molto chiare e sono le uniche ragionevoli: occorre fare di tutto perché la guerra si arresti e perché cessi, o si riduca, il commercio delle armi». Non solo, secondo Camisasca occorre – pur riconoscendo, come il Papa, che Putin è il colpevole di un’ingiusta aggressione in Ucraina – che l’Europa non lasci andare la Russia “in braccio” alla Cina: «Vogliamo che la Russia cada interamente nelle braccia della Cina? Quali sono gli interessi dell’industria di guerra americana e europea in tutta questa vicenda?». E così torna quell’accenno al totalitarismo, alla “dittatura” dominante imposta dal politicamente corretto del mondo Silicon Valley: «siamo in pericolo. Perché la cultura dominante che viene dalla California cerca di marginalizzare e di ridicolizzare ogni altra espressione, imponendo la propria. Non è esercitando una pressione culturale politically correct rispetto a parità di genere, omofobia, sessismo e razzismo attraverso film o social che aiutiamo la crescita di una coscienza civile».