In quanti conoscono la ricetta del Campari? Solo pochissime persone. Lo svela Gambero Rosso, noto portale culinario, che ha potuto visitare le stabilimento di Novi Ligure del noto brand di liquore famoso in tutto il mondo. “Cosa c’è dentro il Campari? «Io non lo so» E chi lo sa? «Cinque persone. Stanno la in fondo, al Centro Piante Officinali. Ci mandano i sacchi con su scritto ‘erbe per Campari’ e noi facciamo l’infuso»”.



Questo il dialogo pubblicato fra il collega giornalista e il capo dello stabilimento dove da vent’anni, a seguito dell’abbandono della storica sede milanese di Sesto San Giovanni, si produce il famoso bitter rosso nonché l’Aperol, capace di passare da 4 milioni di bottiglie prodotte nel 2003 (anno in cui lo comprò proprio Campari), alle 90 di oggi.



CAMPARI, VIAGGIO NELLA FABBRICA DA 17MILA BOTTIGLIE L’ORA

E questa ascesa senza precedenti non accenna a diminuire, visto che nell’ultimo anno, nei soli Stati Uniti le vendite sono raddoppiate, arrivando così all’introduzione di una nuova linea di produzione in grado di sfornare ben 17mila bottiglie all’ora, inaugurato nella giornata di ieri dal ministro della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida. A capo dello stabilimento vi è Andrea Risti, ex manager di Unilever, che è colui che ha appunto rilasciato le parole a inizio pezzo, all’oscuro della famosa formula segreta di Campari e Aperol, precisando che “so solo che si tratta di erbe in parte disidratate” (un po’ come la Coca Cola).



In ogni caso è lui che si occupa della trasformazione di questi ingredienti “miracolosi” in bottiglie rosse ed arancioni, vendute in quasi ogni angolo della terra. L’infusione avviene in delle taniche da ben centomila litri. «Per l’Aperol bastano sei giorni, per il Campari ce ne vogliono trenta», aggiunge Risti, che poi spiega il perchè del trasloco in Piemonte: «Questo impianto nasce per l’Asti Cinzano, che doveva stare in questa zona per rispettare la Doc. Il resto è venuto di conseguenza».

CAMPARI, L’AD FANTACCHIOTTI: “L’IDEA DELLO SPRITZ…”

Gambero Rosso, camminando fra le linee produttive, si domanda quanti siano gli spritz e i negroni che vengono consumati ogni giorno nel mondo, e la risposta giunge dai cinquemila pallet che ogni 48 ore vengono confezionati e pronti a salire sui vari tir.

«L’idea dello spritz Campari non è stata nostra», precisa Matteo Fantacchiotti, amministratore delegato, ma in ogni caso si tratta di un’accoppiata che va per la maggiore durante l’aperitivo, un rito che dall’Italia è stato esportato in tutto il mondo in varie declinazioni. E in questi ultimi anni Campari sta lavorando ad un successivo step: «Io parlo di democratizzazione del cocktail. Ma la fase due è uscire dalla fascia del pre-serale, mangiare una pizza bevendo spritz e sempre più frequente». L’anno scorso Novi Ligure ha sfornato 116 milioni di bottiglie, e in più ci sono altri due stabilimenti sparsi per il mondo. «Ma in America l’Aperol lo bevono solo se c’è scritto sopra Made in Italy», conclude Frantacchiotti.