Poco dopo una fase particolarmente intensa e violenta di bradisismo che ci ha accompagnato nei mesi precedenti all’estate, sembra che la situazione ai Campi Flegrei sia tornata ad essere piuttosto tranquilla con un’attenuazione degli eventi sismici che fa pensare che il peggio sia ormai passato; il tutto con gli occhi della Protezione civile e degli esperti sismologici che restano puntati sul vulcano sotterraneo per prevedere – e soprattutto scongiurare – eventi in grado di mettere in pericolo i residenti campani.



In tutto questo, solo recentemente è stato pubblicato uno studio internazionale – con la firma di un paio di eccellenti autori italiani – che ha cercato di proporre una possibile soluzione per il bradisismo dei Campi Flegrei, spiegata da uno degli autori (il professor Benedetto De Vito) al Corriere: il punto di partenza – però – è riservato a sfatare alcuni miti che riguardano l’area flegrea a partire dal fatto che non ci sarebbe “alcuna prova scientifica [della] risalita del magma” invocata da alcuni esperti ed osservatori.



“Il magma – spiga De Vito – se risale produce un’eruzione” e fino ad ora non c’è nessun segnale scientifico che lo lasci supporre, tanto che dal conto suo escluderebbe anche l’ipotesi del “magma che fa il saliscendi sempre nella stessa area, da millenni”: ciò che hanno scoperto dal loro studio è che – in realtà – in profondità il magma “si raffredda [ed] espelle fluidi che risalgono verso l’alto, creando pressione a circa 3 km”, dove sono certi che ci sia “un livello impermeabile composto da pozzolana“, ovvero la cenere vulcanica tipica dei Campi Flegrei. 



La soluzione al bradisismo dei Campi Flegrei: “Dieci trivelle che fanno uscire la pressione dallo strato impermeabile”

Fermo restando che l’esistenza dello strato impermeabile sotto i Campi Flegrei è una realtà provata grazie ai trivellamenti energetici di Agip ed Enel che si estendono fino ai già citati 3 km di profondità, possiamo arrivare alla possibile soluzione al bradisismo individuata dai ricercatori: “Almeno 10 trivelle – spiega De Vito – entro una profondità di 3 chilometri” parte delle quali si potrebbero anche piazzare in mare e che funzionerebbero grosso modo come “dieci valvole di ‘sfogo’ in una pentola a pressione“.

Grazie alle trivelle “i fluidi” sotterranei dei Campi Flegrei “potrebbero agevolmente liberarsi e contribuire a far calare di molto la pressione” che interromperebbe la sua azione sul suolo terrestre e – di conseguenza – anche gli eventi tellurici legati al bradisismo: una soluzione già proposta più volte in passato da altri esperti, ma sempre respinta a causa – spiega il professore al Corriere – delle scarse tecnologie dell’epoca; oggi superate da tecniche “all’avanguardia [che] consentono di intervenire in totale sicurezza“.