Il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare e poi della Difesa, in una intervista a La Nazione, ha commentato il fallito golpe in Russia. “Yevgeny Prigozhin aveva forze ben preparate, equipaggiate e determinate, abituate da anni al combattimento, ma che erano poche, 25 mila uomini. Assolutamente inadeguate a prendere il controllo di una metropoli come Mosca”.
Il leader della Wagner, secondo l’esperto, ne era a conoscenza, ma sperava che il numero di alleati potesse aumentare in corso d’opera. “Alcuni generali russi gli avevano fatto intuire una disponibilità. Purtroppo per lui però molti, magari non contrari all’insurrezione, non sono andati oltre la non ingerenza. Sono stati alla finestra, a vedere chi avrebbe prevalso, sperando che fossero altri a fare il rischioso salto nel vuoto di unirsi a una insurrezione contro Vladimir Putin. Questo non è bastato a Yevgeny Prigozhin, che aveva bisogno di comandanti che gli mandassero sul campo i loro uomini”.
Camporini: “Golpe in Russia? Prigozhin sperava in aiuto di generali”. Il ruolo degli Usa
Vincenzo Camporini ritiene che Vladimir Putin fosse perfettamente consapevole di cosa stesse accadendo prima del tentato golpe in Russia, ma che abbia deciso di non intervenire. “Alla fine è stato efficace. Ha scelto di lavorare in silenzio per assicurarsi il supporto dell’apparato militare, dell’intelligence e dei suoi amici oligarchi. Ha lasciato cuocere Yevgeny Prigozhin nel suo brodo, ha lasciato che il topo cadesse in trappola”, ha sottolineato.
Anche gli Stati Uniti sono rimasti a guardare. “Hanno fatto benissimo, ammesso che sapessero. Ma mi permetto di esprimere qualche dubbio in merito. I servizi spesso sanno tutto e il suo contrario. Quando ero in servizio, i dispacci di allarme o messa in guardia contro questa o quell’altra minaccia erano non quotidiani, ma quasi orari. Alla fine, dato che non succedeva nulla, li prendevo con il beneficio dell’inventario”, ha concluso.