Can Dundar, giornalista turco che vive in esilio in Germania, al Die Presse parla della figura di Erdogan e della censura in Turchia. “Nelle ultime elezioni, il 48 per cento, quasi la metà del paese, si è espresso contro l’autocrazia. La Turchia è un paese che resiste a un regime dispotico. E questo per vent’anni. Nonostante la pressione sui media, nonostante la dipendenza della magistratura. Questo mi dà speranza per il futuro”.
Per il giornalista, “Uno dei maggiori problemi del nostro tempo è la questione della trasformazione delle autocrazie elette. Sembrano democratici, ma non portano principi democratici. Non ci sono elezioni eque, nessuna magistratura indipendente, non c’è libertà di stampa, non c’è separazione dei poteri – è uno stato di partito. Molti elementi dovrebbero unirsi per una primavera (post Erdogan, ndr). Prima di tutto, ha bisogno di un forte panorama mediatico che si organizzi, mostri solidarietà reciproca e sfidi il regime. Inoltre, la coesione internazionale è molto importante. Penso che i paesi occidentali abbiano contribuito alla rielezione di Erdogan. Quindi non mi fido tanto dei governi quanto del pubblico, dei media critici, dei sindacati e dei partiti”.
Dudan: “L’Europa aiuta le autocrazie”
Il regime di Erdogan ha emesso un mandato d’arresto nei confronti di Can Dundar. Il giornalista, al Die Presse, spiega: “Se l’Occidente, l’Europa e l’America, avessero dato ascolto ai loro principi occidentali, io sarei nel mio paese ed Erdogan sarebbe ricercato con un mandato di cattura. Vedo invece il tradimento dei principi europei, premiando un politico che ha minato la democrazia e la giustizia, che ha abusato della religione per fini politici. Serve perché tiene lontani i profughi dall’Europa o perché fa da mediatore tra Ucraina e Russia. Quanto a coloro che criticano il governo in Turchia, sono sempre stati nella posizione in cui mi trovo ora. Siamo sempre stati in esilio, in prigione o nella tomba. Non è una novità. La novità è che l’Europa aiuta le autocrazie”.
C’è però anche chi reagisce: “Anche se non è in grado di conquistare la maggioranza, vediamo una popolazione civile organizzata democraticamente. Erdogan sta facendo di tutto per distruggere questo sviluppo, ma la resistenza non si ferma. È importante prendersi cura di questa parte della popolazione”. Secondo il giornalista, in esilio in Germania dal 2016, “Ci devono essere contatti a livello governativo. Ma critico il fatto che un governo occidentale socialdemocratico non stabilisca alcun legame con l’opposizione socialdemocratica in Turchia. Che non esiste cooperazione internazionale tra partiti o associazioni, tra organizzazioni della società civile, sindacati e organizzazioni giovanili, tra gruppi per i diritti delle donne e case dei media. Non sto dicendo che Erdogan debba essere cacciato ovunque. Al contrario: l’Europa deve vedere che c’è una Turchia al di fuori di Erdogan e connettersi con questa Turchia. Le democrazie sono comunque un costrutto fragile e l’Europa ha una responsabilità in questo”.