Il Canale di Panama, l’istmo che collega l’oceano Pacifico con quello Atlantico è colpito da mesi da una forte siccità. L’autorità che lo gestisce ha imposto restrizioni alle navi che lo attraversano, con inevitabili impatti sul commercio globale. Già da fine ottobre infatti l’Autorità del Canale di Panama (Acp) ha stabilito di ridurre ulteriormente le traversate giornaliere delle navi, almeno fino al prossimo 1 febbraio 2024. La rigidità dell’Acp è dettata dalle condizioni del canale in seguito alla mancanza di precipitazioni, ma anche agli effetti di El Niño e alla temperatura più elevata rispetto al solito fatta registrare dall’acqua dell’oceano Pacifico tropicale centrale e orientale. I livelli dell’acqua nel lago Gatun, vale a dire il principale bacino idrico che fa galleggiare le navi attraverso il celebre sistema delle chiuse, solitamente alimentato proprio dalle piogge, “hanno continuato a scendere – affermano dall’autorità – a livelli senza precedenti per questo periodo dell’anno“.



Qualcosa di simile era già accaduto nel 2021 durante la pandemia, quando per la prima volta il problema dell’approvvigionamento si è manifestato in tutta la sua portata globale. Oggi, qualcosa di simile, sebbene con altre cause, si sta verificando nuovamente. La simultanea perturbazione dei canali di Panama e Suez, due nodi vitali del commercio marittimo, minaccia infatti le catene di approvvigionamento globali nel periodo pre-natalizio. A darne notizia, negli scorsi giorni, è stato il Financial Times, che ha portato l’attenzione proprio anche sul canale di Suez, il quale deve fare i conti con le crescenti tensioni geopolitiche legate al conflitto israelo-palestinese. A causa infatti degli attacchi navali dei ribelli Houthi nel Mar Rosso diversi armatori stanno valutando rotte alternative.



LA DIFFICILE SITUAZIONE DEL CANALE DI PANAMA E SUEZ: LA MISSIONE NAVALE INTERNAZIONALE USA

‘Guardiani della Prosperità’ è il nome con cui è stata battezzata la missione navale internazionale che gli Usa stanno mettendo insieme in queste ore per controbattere agli attacchi sul Mar Rosso delle milizie Houthi. Perché in gioco, oltre alla sicurezza immediata di cargo ed equipaggi ovviamente, c’è un pezzo rilevante dell’economia mondiale, cui si aggiunge la crisi del Canale di Panama. L’operazione guidata dagli Stati Uniti per mettere in sicurezza le acque del Mar Rosso è un primo passo in avanti, ma è difficile aspettarsi un rapido ritorno alla normalità nel trasporto navale come apprendiamo da Il Foglio.



Gli attacchi degli houthi rappresentano un ostacolo alle supply chain globali, con un effetto farfalla che potrebbe innescare un aumento del costo dei beni e delle materie prime energetiche. Negli ultimi due anni il Mar Rosso è emerso come una delle principali rotte per il commercio di gas naturale liquefatto (Gnl), con l’Europa in cerca di alternative al gas russo. Adesso le navi metaniere statunitensi che puntavano verso Suez stanno modificando ulteriormente la rotta, verso il Capo di Buona Speranza. E anche due giganti europei del petrolio e del Gnl hanno annunciato che le loro navi eviteranno lo Stretto di Bab el-Mandeb, unendosi alla scelta dei principali trasportatori di container. Nel frattempo però gli houthi hanno già annunciato che la missione a guida statunitense non li fermerà, e che ogni 12 ore lanceranno attacchi alle navi in transito.