Ha fatto scalpore sui social l’iniziativa di due candidati del Pd a Rimini per le prossime Elezioni Amministrative: Edoardo Carminucci e Annamaria Barilari si sono scattati una foto, pubblicandola su Facebook, dove si vedono vestiti l’uno con l’abbigliamento dell’altra. La 49enne Barillari vestita con il classico completo da uomo, il 22enne Carminucci invece con un abito da sera della collega: «i vestiti non hanno genere! Vogliamo andare oltre gli stereotipi di genere! Perché i vestiti, le scarpe, gli accessori sono e rimangono meri oggetti. Cosa è da uomini e cosa da donne? Decidiamolo noi», hanno poi commentato sui social i due candidati Dem.
Nei giorni in cui il Ddl Zan è slittato ulteriormente – per volontà del Pd, tra l’altro – torna di stretta attualità il tema dei diritti Lgbt, una bandiera di molti partiti di centrosinistra. Il caso di Rimini ha sollevato diverse polemiche, con gli stessi protagonisti che hanno voluto replicare a tono, «Chi critica forse non ha compreso il senso della fotografia. A qualcuno potrà sembra un’immagine forte, ad altri ironica, ma conta soprattutto il messaggio che volevamo dare. Nella Rimini per cui ci battiamo e che candida Jamil Sadegholvaad sindaco, non ci può essere spazio per la discriminazione e l’intolleranza a sfondo sessuale. Difenderemo sempre più i diritti della comunità omosessuale, e lo faremo attraverso azioni concrete in consiglio». Per Marco Tonti, da anni presidente di Arcigay e capolista di Rimini Coraggiosa, la scelta di Barillari e Carminucci è stata un successo, «che ci siano candidati come Edoardo e Annamaria che si espongono sui temi LGBTQ è un fatto importante per il futuro di Rimini».
SCAMBIO DI VESTITI: SIMBOLO O “CARNEVALATA”?
Non tutti però sono concordi nel celebrare la foto-provocazione con i vestiti scambiati: dalle liste cittadine a Rimini fino al Centrodestra nazionale, passando per opinionisti ed editoriali, come l’ultimo di Renato Farina oggi in “prima pagina” di “Libero Quotidiano”: «deve esserci una specie di sindrome del Carnevale che costringe i militanti dei diritti Lgbtq a rendere ridicole anche le cause giuste», scrive l’ex parlamentare, aggiungendo di star parlando non certo della “causa giusta Ddl Zan” – «che di roba sbagliata a nostro avviso ne contiene una montagna» – bensì, la battaglia normativa e culturale per sconfiggere «ogni sorta di discriminazione, odio e violenza contro amo e transessuali». Secondo Farina dietro alla battuta-provocazione voluta da Barillari e Carminucci vi sta qualcosa di ben più serio, denominata «cultura e progetto educativo gender», secondo il quale il sesso biologico di ciascuno non è un elemento vincolante, bensì «va sottomesso alla libera scelta comunque temporanea del sentimento di noi stessi». Il problema non è tanto che qualcuno la pensi così, anche perché esiste per fortuna la libertà di poter dire e pensare quello che si vuole, il problema che evidenzia Farina è che quel “progetto” sia inserito appieno in un disegno di legge come quello Zan per scuole fin dalla materna. «Ma il punto non è soltanto il diritto alla libertà di opinione, ma io credo si abbia anche anche il dovere di impedire che una cultura come quella sottesa da questa legge si trasformi in norma etica della Repubblica», ribadisce l’editorialista di “Libero”.