Domani, domenica 9 aprile, noi cattolici celebreremo la Santa Pasqua, cioè la Resurrezione di Gesù. I nostri fratelli, un po’ separati (anche fra loro), ortodossi, invece, festeggeranno quella che noi chiamiamo “Domenica delle Palme” e che loro chiamano “Domenica dei Ramoscelli” (da quelle parti palme e olivi li vedono solo al cinema) in attesa di celebrare la Pasqua la domenica successiva.
Per loro la domenica che precede la Pasqua è un giorno in cui si ricordano in un modo particolare dei defunti. Si va a trovarli al cimitero e si parla loro chiedendo la pazienza di aspettare con fiducia il giorno della loro Resurrezione.
Quest’anno molte famiglie sia russe che ucraine avranno molti morti da consolare e spesso non è detto che sarà loro dato di poter sedere, secondo tradizione, presso le loro tombe.
Parlare coi morti della vita, in attesa di quella eterna. Che bella tradizione! Molti di noi, invece, raramente visitano ormai i defunti e quando sono presso le loro tombe spesso non sanno cosa dire.
Parlare coi defunti della Resurrezione è già un po’ pregare, mettere in pratica, più o meno consapevolmente, la Comunione dei santi.
Mi sembra che non sia inutile ricordare tutto questo anche a tanti nostri amici che dopo le vacanze di Natale stanno per cominciare, o hanno già cominciato, le vacanze di Pasqua. La parola vacanza dice di ciò che sta più a cuore, per cui ci si prepara, per cui qualche volta si spendono anche molti soldi. Natale e Pasqua sono diventate, per molti, solo parole con cui dare un nome a queste vacanze.
E così martedì, quando si tornerà al lavoro, alla domanda “Che cosa hai fatto a Pasqua?” si risponderà il più delle volte: “Sono stato in montagna, al mare, in qualche Paese straniero”. Per la verità, dicevo oggi ad un amico, per prenderlo in giro, anche Gesù a Pasqua è andato in montagna. Però il Golgota, come location, non era il massimo.
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