La cannabis e il rischio di malattie coronariche
Un nuovo studio condotto tra i consumatori americani, abituali e non, di cannabis sembra aver evidenziato un nuovo rischio per la salute, fino a questo momento solamente supposto. In particolare, lo studio è stato condotto dall’Università di Stanford, in California, integrando i dati dei 175mila partecipanti, provenienti da ogni parte d’America. I risultati, invece, sono stati esposti dalla Società Italiana di Cardiologia durante l’annuale congresso dell’American College of Cardiology,
I ricercatori sono andati proprio ad indagare gli effetti che la cannabis ha sull’organismo umano, cerando in particolare una correlazione con la comparsa di malattie coronariche. Basandosi sulla frequenza di utilizzo dei prodotti contenenti tetraidrocannabinolo, ovvero il principio psicoattivo anche detto THC, gli studiosi sono andati ad indagare sulla probabilità di comparsa di qualsiasi problema coronaropatico. Dai risultati è emerso come chi consuma abitualmente cannabis ha circa il 34% in più di probabilità di sviluppare malattie coronariche e cardiovascolari, con un effetto dose-risposta. Infatti, coloro che la consumano sporadicamente, magari su base mensile, hanno un rischio minore, che aumenta e diminuisce all’aumentare e al diminuire della dose assunta.
Cannabis: “Un rischio per i giovani”
Insomma, i consumatori abituali di cannabis avrebbero il 34% in più di probabilità di incappare in malattie coronariche rispetto ai consumatori sporadici, o ai non consumatori. “Questi dati mostrano che anche una sostanza ritenuta a torto ‘leggera’“, spiega Pasquale Perrone Filarsi, presidente di SIC, “può comportare un maggior rischio di coronaropatie e, nel tempo, contribuire alla comparsa di eventi come l’infarto o l’ictus”.
“Il consumo sporadico mensile di cannabis”, spiega ancora, “non è associato ad un incremento significativo. Esistono danni correlati all’impiego di questa sostanza non ancora sufficientemente approfonditi, che invece è opportuno conoscere. Sappiamo che in cuore e vasi ci sono recettori per i tetraidrocannabinolo, il mediatore degli effetti psicoattivi della cannabis, che proprio interagendo con tali recettori sembra in grado di indurre infiammazione locale e quindi favorire la comparsa di placche aterosclerotiche che possono provocare coronaropatie”. Una circostanza importante e che merita un approfondimento, soprattutto perché “l’impiego di queste droghe è molto comune e spesso inizia da giovanissimi“.