L’uso della cannabis a scopo medico è consentito solo per alcune particolari malattie e, prima di autorizzarne il consumo, si eseguono delle analisi specifiche su urine, sangue, saliva e capelli. In particolare, questi controlli si effettuano per verificare l’efficacia degli estratti della Cannabis Sativa in caso di dolore cronico, sclerosi multipla e lesioni midollari, ma anche per verificare eventuali effetti collaterali della chemioterapia e della radioterapia nei malati oncologici, o gli effetti collaterali delle terapie retrovirali nelle persone HIV positive, o ancora si possono effettuare se sono presenti disturbi della alimentazione, associati a malattie oncologiche o alla sindrome da immunodeficienza-acquisita (AIDS), o in caso di riduzione dei movimenti involontari nella sindrome di Tourette.
I cannabinoidi naturali (fito-cannabinoidi) sono sostanze chimiche presenti in natura nella pianta Cannabis Sativa, che agiscono sul sistema nervoso centrale e sul cervello alterando lo stato psico-fisico di una persona. Per esempio possono alterare l’umore, la coscienza, il comportamento di chi ha assunto queste sostanze. Al momento si conoscono 65 cannabinoidi, di cui il THC (tetraidrocannabinolo) è il più noto e studiato.
Cannabis nel sangue e nell’organismo: come funzionano le analisi
Uno dei modi più usati per capire se una persona ha assunto cannabis è l’analisi sulle urine, che possono essere analizzate anche dopo diversi giorni. Se occorre invece un riscontro immediato, i prelievi si effettuano sul sangue o sulla saliva della persona, mentre se è necessario capire se la cannabis è stata consumata in passato si precede all’analisi dei capelli, nella parte più vicina al cuoio capelluto. Si può anche trovare traccia di cannabinoidi nei feti, analizzando il sangue del cordone ombelicale. In caso sia necessario sottoporsi a esami che per trovare eventuali tracce di cannabinoidi, occorre avvisare se si stanno assumendo dei farmaci, alcuni dei quali potrebbero contenere cannabis. E per l’esame dalla saliva bisogna evitare di bere e mangiare almeno 10 minuti prima del prelievo.
Il primo di solito è un esame di screening, che valuta se la presenza di cannabinoidi è superiore a una certa soglia. Se si ottiene un risultato positivo, si procedere con un secondo test specifico a seconda che si stiano esaminando sangue, saliva, urine o capelli. Le analisi non possono però fornire informazioni su come è stata assunta la cannabis (quindi per esempio per motivi di salute o “ricreativi) e addirittura potrebbero risultare positivi in caso di fumo passivo. Questi esami poi non sono efficaci nel caso di cannabinoidi sintetici, che richiedono invece analisi specifiche per questa categoria di molecole che imitano il funzionamento del THC ma che possono avere effetti imprevedibili e potenzialmente mortali.