Questa legge di bilancio non supererebbe nemmeno il primo livello di approvazione se si volesse esaminarla alla luce dei più elementari principi di democraticità e costituzionalità.
Per 40 giorni la commissione Bilancio del Senato è stata ferma in attesa del decreto governativo che tardava a vedere la luce per una serie di conflittualità interne alla maggioranza di cui la stampa ha dato ampia notizia, tra informazioni e contro informazioni su questo o quell’articolo, soggetti a cambiamenti repentini. Poi la rincorsa che ha travolto emendamenti buoni, bocciati per mancanza di risorse o per inammissibilità, mai adeguatamente spiegata e condivisa. Quindi è scattata la rincorsa delle 48 ore non stop, notte inclusa, in cui la commissione ha fatto passare, approvandoli, emendamenti per loro natura del tutto estranei alla stessa legge di bilancio.
Emendamenti fortemente voluti da qualcuno, subiti da qualcun altro, scarsamente percepiti nel loro esatto significato da tanti colleghi, stanchi e forse perfino poco lucidi dopo la lunga notte bianca della legge di stabilità 2020. D’altra parte il linguaggio con cui sono espressi alcuni emendamenti è talmente oscuro da rappresentare una vera e propria sfida a cui non sopravviverebbe quasi nessuno dei senatori in servizio. Un’oscurità voluta; una ambiguità cercata; una totale e radicale mancanza di rispetto alla luce del principio del consenso informato. In molti casi il consenso, il voto positivo, è stato dato in modo del tutto disinformato. Una sorte di effetto gregge.
Mi riferisco all’emendamento sulla cannabis light che per sua natura dovrebbe essere del tutto estraneo alla legge di bilancio e pertanto avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile. Ma il tema droghe e loro liberalizzazione è sia nel programma del M5s che in quello del Pd. Quindi è facilmente diventato programma di governo, con l’impegno di individuare gli appigli giusti per farlo approvare senza sollevare la giusta opposizione di quanti considerano la cannabis non meno insidiosa e pericolosa di altre droghe. Ne rappresenta solo il primo passo, il battesimo di fuoco, dopo di che tutto è in discesa. E la maggioranza Pd-M5s ha subito individuato nella legge di bilancio il primo treno ad alta velocità su cui salire senza indugi, evitando lo scoglio del dibattito franco e coraggioso in aula, con colleghi senatori svegli e allertati.
Non è la prima volta che alcuni colleghi parlamentari, con l’evidente copertura dei rispettivi capigruppo, approfittano dell’ambiguità dei sotto-emendamenti, presentati ad horas, per far passare norme e principi che mai vedrebbero la luce in un dibattito alla luce del sole. Il fatto poi che siano surrettiziamente inseriti in una legge su cui è posta la fiducia ne mostra tutta la malizia.
Il sub-emendamento all’articolo 91-ter: “Nuove disposizioni in materia di canapa”, concretamente il numero 91.0.2000/7, al comma 3 della nuova versione dice: “L’uso della canapa, composta dall’intera pianta di canapa o di sue parti, come biomassa è consentito in forma essiccata, fresca, trinciata, o pellettizzata ai fini industriali, commerciali ed energetici … il contenuto tetraidrocannabinolo (Thc) non deve risultare superiore allo 0,5%”.
In buona sostanza si mescolano gli usi della canapa a fini energetici con l’uso della canapa a fini commerciali, come sono quelli tipici dei “cannabis shop” e abbassando la concentrazione del Thc se ne facilita l’uso e consumo, dichiarando che a questo punto non si tratta più di stupefacenti.
Ma non è affatto vero che la legalizzazione della vendita al pubblico di derivati della cannabis, qualora non superino lo 0,5% di principio attivo, sia sufficiente a non farli più considerare una sostanza stupefacente. La scienza tossicologica e l’esperienza quotidiana dicono esattamente il contrario.
Tutti abbiamo visto moltiplicarsi nelle grandi e nelle piccole città i cannabis shop, dopo l’approvazione della legge 242/2016, quando sembrava che si trattasse solo di canapa ad uso industriale: dalle stoffe ai pellet per riscaldarsi. Abbiamo visto tutto un fiorire, nel senso letterale del termine, di piantine da ornamento, di caramelle alla cannabis, di cioccolato alla cannabis e via dicendo. Con una processione di giovanissimi e non solo di giovanissimi verso negozi che sfruttavano l’effetto trasgressivo legato al termine cannabis per poi mostrarsi totalmente in linea con la legge.
Il 31 maggio le Sezioni unite della Cassazione avevano ribadito il divieto di cessione contenuto nella legge 242/2016, che disciplina la coltivazione della canapa, e avevano escluso che i cannabis shop potessero realizzare una legalizzazione di fatto. In realtà abbiamo assistito alla facilità con cui si riusciva ad abbattere una serie di resistenze, anche solo di natura linguistica, per favorire l’entrata di tanti giovanissimi nel lungo tunnel della dipendenza. Se la cannabis posso comprarla nel negozio sotto casa; se una legge a facilitazione crescente mi permette di accedere a questo mercato sempre più fiorente, che problema c’è! E invece il problema c’è e appare sempre più grave, anche se in forma decisamente schizofrenica.
L’emendamento in questione, approvato senza il dibattito che avrebbe meritato, ribalta la sentenza della Cassazione e così, ipso facto, senza nessun tipo di dibattito, nasce nel corso della legge di bilancio la legge che legalizza la vendita di cannabis a bassa concentrazione, ma già ad alto rischio dipendenza.
Lo sappiano i genitori! Da oggi per i figli è più facile procurarsi e consumare ad esclusivo uso ludico cannabis e imboccare quella strada della dipendenza che potrebbe condurli a ben altri usi di droghe più pesanti. O come ben sappiamo, all’uso di cannabis a più alta concentrazione di principio attivo. Lamentarsi delle stragi del sabato sera sulle strade; denunciare le violenze, stupri compresi, che avvengono in alcuni locali come effetto di uno sballo da droga; riempire i Tg dei drammatici omicidi in cui in realtà alla base c’è sempre una pesante questione di droga è la grande ipocrisia di Stato. Si denunciano gli effetti dell’uso delle droghe, ma poi se ne facilita l’utilizza, se ne sdrammatizzano i potenziali effetti negativi e si ridicolizza chi non vuole giocare a questo gioco perverso e si ostina a denunciare tutti questi tentativi di libera immissione nel mercato di droghe di varia provenienza.
Per questo ho presentato un emendamento soppressivo di questo sub-emendamento: metteranno la fiducia e la legge passerà ugualmente, ma tutti i genitori debbono sapere quali manovre, anche di tipo economico, si stanno facendo sulla testa dei loro figli. E se possono debbono reagire prima e non dopo! Questo emendamento è un’autentica aggressione ai loro figli, anche se si presenta sotto mentite spoglie.
N.B.: Come ulteriore mistificazione vale la pena notare che il sub-emendamento, pur essendo stato approvato in commissione, non è nel testo finale della legge, quello pubblicato dagli uffici per intenderci, come se si trattasse di un errore soltanto materiale! Sarebbe apparso alla fine nel testo da votare in aula, senza che molte persone se ne potessero rendere conto. Un piccolo esempio di distrazione di massa.