La sentenza della Cassazione potrebbe cambiare le sorti degli shop di cannabis light, tra class action e proteste che si moltiplicano. Intervistato da Adnkronos Matteo Baldarelli, proprietario di Superba, «Il problema è che si è tornati a un anno fa invece di andare avanti, non hanno sistemato la questione con chiarezza. Certo che apro il negozio, per quanto ci riguarda è tutto come prima. Mi dà fastidio il fatto che faccia notizia e poi, magari, tra due giorni non succeda niente, così è puro terrorismo. Salvini sta facendo chiudere i negozi dei ragazzi, dei suoi italiani e dei suoi contribuenti. Non riesco a capire quali vantaggi ne tragga». E il 37enne evidenzia: «Tutti i miei prodotti sono sotto lo 0,5, da noi la caccia alle streghe c’è sempre stata, prima vendevamo prodotti svizzeri fino allo 0,6 di Thc, ora siamo passati a prodotti italiani allo 0,2». Maurizio Gola, titolare di una rivendita Santamaria, ha aggiunto all’Ansa: «Qui vengono donne a comprare l’olio per i dolori mestruali, sportivi per i prodotti antidolorifici. Poi, certo, arriva anche qualche ragazzo che chiede da fumare e gli dico che ha sbagliato posto. Io ho investito in una nuova attività e questa campagna politica è sbagliata non solo perché mette a rischio i posti di un settore in espansione, ma perché sta screditando un mondo che nulla ha a che vedere con la droga». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



PRONTA CLASS ACTION

Secondo Federcanapa la sentenza della Cassazione non porterà alla chiusura dei negozi che offrono prodotti a base di cannabis light. Eppure, in seguito alla decisione della Cassazione, sarà proprio questo che potrebbe accadere. A commentare la sentenza definendola “un passo indietro” è stato all’Ansa l’esperto di cultura della canapa Matteo Gracis: “La legge conteneva un vuoto normativo evidente, al quale la Cassazione sembra aver posto rimedio, ma nella maniera più proibitiva possibile”, ha osservato. Ora occorrerà capire le motivazioni della sentenza ma “al momento pare che tutto giri intorno all’aspetto ‘drogante’ della sostanza e diventa perciò importante dimostrare che la cannabis light non ha effetto drogante”. Intanto, parte proprio dal titolare di un negozio di Sanremo per la vendita di prodotti con “cannabis light”, la proposta di una “class action” contro la recente decisione della Cassazione. Gioel Magini ha dichiarato tuttavia che “I nostri avvocati hanno detto di attendere ancora un po’ prima di passare al contrattacco, ma resta davvero una decisione infelice. Abbiamo aperto nel 2018, vendendo non solo prodotti con Thc inferiore allo 0,5%, ma anche tisane, alimenti e altri derivati, dotati di Cbd, il principio attivo che agisce soltanto sul corpo, utile per curare stati d’ansia e alcune malattie degenerative, diverso dal Thc, che è il principio “psicoattivo””. Ora la previsione è tra le più nere ovvero la chiusura di molte attività. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



FEDERCANAPA: “NON OBBLIGA CHIUSURA NEGOZI”

«La sentenza non obbliga la chiusura dei negozi di cannabis light»: questa la reazione di Federcanapa alla decisione dei giudici della Cassazione giunta ieri. La Federazione evidenzia che «il testo della soluzione dice dichiaramente che la cessione, vendita e in genere la commercializzazione al pubblico di questi prodotti è reato salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante». I commercianti sono sul piede di guerra: pronta una class action, proposta partita dal titolare di un negozio per la vendita di prodotto con cannabis light di Sanremo che ha raccolto ampi consensi nel corso delle ultime ore. Ecco le parole di Gioel Magini riportate da Tg Com 24: «Ho chiuso un pizzeria da asporto per aprire questo negozio, ora ci vogliono mettere sul lastrico dall’oggi al domani e senza alcuna colpa. E’ come se volessero combattere l’alcolismo vietando la vendita di birre analcoliche. Organizzeremo una class action». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



ESULTA LA LEGA

La decisione della Cassazione sulla cannabis light “dà ragione” a Matteo Salvini. Il ministro dell’Interno nelle scorse settimane aveva annunciato di voler chiudere tutti i negozi che vendono canapa light, con l’obiettivo di «sigillarli dal primo all’ultimo». Dopo la sentenza delle scorse ore, il capo del Viminale ha esultato: «Siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma, e a favore del divertimento sano». Soddisfatto anche il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, come riporta il Corriere della Sera: «Questa decisione conferma le preoccupazioni che abbiamo sempre manifestato in relazione alla vendita di questo tipo di prodotti e la bontà delle posizioni espresse e delle scelte da noi adottate fino ad oggi». Infine, il commento del Stefano Pedica: «Non ci sono droghe di serie e B. Sono tutte pericolose. Dietro il proibizionismo non c’è nessuna ipocrisia. A questo punto bisogna procedere in fretta alla chiusura dei negozi che vendono cannabis light». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)

“REATO VENDERE PRODOTTI DERIVATI”

Cannabis light, commercializzare i prodotti derivati è reato: questa la decisione presa dalle sezioni unite penali della Cassazione presiedute dal presidente aggiunto Domenico Carcano. Dopo il caos politico delle scorse settimane, arriva un’importante sentenza sul caso. Maria Giuseppina Fodaroni, sostituto procuratore generale della Cassazione, aveva chiesto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e, come riporta Agi, è previsto che «integrano il reato – previsto dal Testo unico sulle droghe (articolo 73, commi 1 e 4, dpr 309/1990) – le condotte di cessione, di vendita, e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante».

CANNABIS LIGHT, CASSAZIONE: “VENDITA ILLEGALE”

Come riporta Il Messaggero, nel riferire le conclusioni del pg della Casazione, l’avvocato penalista Carlo Alberto Zaina ha spiegato che «tutto ciò prevederà un allungamento dei tempi anche fino ad un anno e mezzo» prima di dirimere la questione. Ricordiamo che l’ordinanza della Quarta corte dell’8 febbraio 2019 aveva sottolineato che «al di là delle considerazioni esposte, è comunque incontrovertibile l’esistenza, nella materia in esame, di un contrasto giurisprudenziale, onde si ritiene necessario rimettere alle Sezioni unite la risoluzione del quesito di diritto». E non mancheranno le ripercussioni: secondo i dati dell’Aical (Associazione italiana cannabis light), il mercato della canapa vale in Italia circa 80 milioni di euro, in crescita a tassi del 100% l’anno. Negli ultimi tre anni sono stati aperti oltre 3 mila negozi di canapa light.