La vendita della Cannabis Light è illegale. Arrivano le motivazioni alla sentenza dello scorso 30 maggio da parte della corte di cassazione, che di fatto potrebbero sconvolgere un intero sistema: “È illecita – scrivono i magistrati – la cessione, la messa in vendita, la commercializzazione di foglie, infiorescenze, olio e resina derivanti dalla coltivazione della cannabis light”, indipendentemente dalla percentuale di Thc presente all’interno del prodotto, il principio attivo che dà alla stessa cannabis l’effetto drogante. Secondo quanto sostenuto dagli uomini di legge, dalla canapa si possono ricavare alimenti, cosmetici, fibre, e carburanti, prodotti nel rispetto delle discipline dei propri settori, ma non marijuana e hashish, assolutamente vietati dalla legge. Il commercio della cannabis light legale si basava sul fatto che la percentuale di thc fosse inferiore allo 0.6%, ma secondo le norme vigenti, tale numero non è più indicativo della legalità o meno del prodotto venduto.
CANNABIS LIGHT “VENDERLA È ILLEGALE”
“Ciò che occorre verificare – fanno ancora sapere i magistrati – non è la percentuale di principio attivo contenuta della sostanza ceduta, bensì l’idoneità della medesima sostanza a produrre in concreto un effetto drogante”. Una vera doccia fredda per tutti i commercianti di cannabis light che giunge tra l’altro dopo il parere del consiglio superiore della sanità, che proprio nelle scorse ore aveva di fatto messo al bando l’uso della cannabis come cura e terapia per alcuni pazienti, come invece effettuato in diversi ospedali italiani, anche autorevoli. Secondo i giudici della Cassazione il legislatore potrà modificare la normativa vigente, delineando “una diversa regolamentazione del settore”. Sono attese numerose reazioni politiche in merito nelle prossime ore, a cominciare da quella del ministro dell’interno, Matteo Salvini, e della Lega, da sempre in prima fila nella lotta alle cosiddette droghe leggere. Il testo sugli stupefacenti “incrimina la commercializzazione di foglie, inflorescenze, olio e resina, derivati della cannabis, senza operare alcuna distinzione rispetto alla percentuale di Thc che deve essere presente in tali prodotti”.